Le luci di Chaplin illuminano anche le “Giornate del muto”

PORDENONE. È il capolavoro di Charlie Chaplin “City Lights – Luci della città” il film che chiuderà stasera la 33a edizione delle Giornate del Cinema Muto di Pordenone (alle 20.30 al Teatro Verdi e, in replica, domani alle 16). La scelta non è casuale: il festival celebrato i 100 anni della nascita del personaggio di Charlot e “Luci della città”, uscito nei cinema nel 1931, è forse uno dei film più iconici sull’immortale Vagabondo. Stasera lo vedremo accompagnato dall’Orchestra San Marco di Pordenone diretta da Günter Buchwald sulla partitura originale composta dal regista stesso.
“Luci della città” ebbe una genesi travagliata, infiniti problemi di set e fu per Charlie Chaplin una delle sfide più grandi sia dal punto di vista emotivo che professionale, come ricorda David Robinson, suo biografo e direttore del festival pordenonese: «Per molti aspetti “Luci della città” è l’opera archetipica di Chaplin e la più perfettamente realizzata. Eppure, nessun altro film gli costò maggior fatica e ansietà. La lavorazione durò oltre 683 giorni: le riprese ne richiesero 179 e i restanti 504 inclusero la preparazione di set e costumi, le prove con gli attori, il montaggio, il lavoro sulla musica, i malanni di Chaplin e l’ideazione delle sequenze: come in tutti i suoi film muti, non c’era una sceneggiatura e il film veniva creato gradualmente in sezioni autonome». Come lo stesso Chaplin avrebbe ricordato anni dopo in un’intervista, l’ansia e la gigantesca mole di lavoro del film l’avevano gettato «in un nevrotico stato di ricerca della perfezione» che, però, gli ha permesso di consegnare alla storia del cinema uno dei suoi pilastri più spassosi e commoventi.
Il merito delle Giornate, quest’anno, è stato anche questo: ricordarci l’incrollabile modernità dell’umorismo chapliniano fin dalla primissima, geniale apparizione di Charlot nella comica Keystone “Kids Auto Race at Venice” del 1914, presentata al festival qualche giorno fa. Nel cortometraggio, il Vagabondo cerca in tutti i modi di comparire davanti alle telecamere che stanno riprendendo una corsa automobilistica per ragazzi, nonostante il cameraman cerchi di farlo spostare dall’inquadratura: insomma, Charlot come un antesignano dei “disturbatori televisivi” e della frenesia d’apparire sullo schermo (anche dei computer) oggi più impellente che mai. Nel programma della giornata conclusiva anche “Die Liebe der Jeanne Ney” (“Il giglio delle tenebre”, 1927) di G.W. Pabst, alle 10.30, tratto da L’amore di Jeanne Ney di Ilya Ehrenburg, un romanzo d’amore e di avventura ambientato sullo sfondo dell’Europa dopo la rivoluzione bolscevica, e l’ultima tranche della rassegna dedicata all’alba del Technicolor con “The Mysterious Island” (alle 14.30), film del 1926 di Lucien Hubbard con Lionel Barrymore, tratto da “L’isola misteriosa” di Jules Verne.
(e.g.)
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