Le visioni di Nathan dall’esilio

Esce un volume con le lettere scritte dal pittore triestino all’amico Carlo Sbisà
Di Franca Marri

di FRANCA MARRI

Quanto diverse, e per certi aspetti inattese, appaiono le immagini che il pittore triestino Arturo Nathan ha voluto lasciarci di sé: le prime, nei dipinti degli anni venti dell'Incantatore, dell'Asceta, o dell'Autoritratto ad occhi chiusi, totalmente introspettive; le ultime, quelle che emergono dalle lettere inviate all'amico Carlo Sbisà dal confino marchigiano, in un periodo compreso tra l'agosto del 1940 e l'aprile del '43, dove parla della natura, delle chiese e delle fontane del paese, di libri, amicizie, arte e astronomia. Conservate dagli eredi di Sbisà fino a marzo di quest'anno, quindi donate alla Biblioteca civica Attilio Hortis di Trieste, due cartoline e cinquantaquattro lettere sono state ora pubblicate in un'edizione critica a cura di Andrea Del Ben intitolata "Arturo Nathan, Lettere dal confino all'amico Carlo Sbisà" (ZeL Edizioni, Treviso, p. 160, euro 20,00). Il volume, con note storico-artistiche di Lorenzo Nuovo e un testo di Enrico Lucchese, è stato presentato sabato scorso all'Associazione Amici dei Musei Marcello Mascherini poiché proprio dall'incontro avvenuto nella stessa associazione, in occasione del settantesimo anniversario dalla tragica scomparsa a Biberach del pittore Arturo Nathan (1891-1944), nel gennaio dello scorso anno, era nata l'idea della pubblicazione, in ricordo di Giuliano Luser e Fausto Sussan, che hanno dedicato il loro tempo e le loro forze all'attività di volontariato tra gli Amici dei Musei. Sfogliando queste pagine, ciò che appare da subito, chiaramente, è di trovarsi non soltanto di fronte al racconto degli ultimi anni di vita di uno tra i più interessanti pittori triestini, ma anche davanti allo specchio di un'intera generazione di artisti giuliani, a confronto con le principali personalità dell'arte italiana degli anni Venti e Trenta.

Nella corrispondenza tra i due amici si parla infatti non solo degli affreschi del palazzo di via Murat a Trieste a cui sta lavorando Sbisà nell'estate del 1940 o dei disegni che Nathan, dopo qualche esitazione, riesce a realizzare nelle Marche: frequenti sono le considerazioni sulla pittura del gruppo Novecento e sugli autori legati alla rivista "Valori Plastici"; su Soffici, Morandi, Funi, Carrà e sopra ogni altro De Chirico; riguardo le Biennali veneziane, le Quadriennali romane, le mostre della Galleria Il Milione e naturalmente le sindacali triestine di cui era informato anche grazie ai ritagli del Piccolo che gli spediva la madre.

Nelle parole di Nathan si riversa tutto quel mondo culturale e artistico al quale lui stesso apparteneva; dal quale era stato escluso a causa della sua appartenenza ebraica con la promulgazione delle leggi razziali nel '38 e quindi allontanato con l'internamento per la sua cittadinanza britannica.

Andrea Del Ben nel suo testo introduttivo ricorda come i mille giorni dell'esilio di Nathan inizino con il suo arresto a Trieste il 17 luglio del 1940. Rilasciato il 5 agosto poté rimanere un giorno a casa prima di partire per Offida, antico borgo sull'Appennino marchigiano, da dove, il 9 scrive la prima cartolina a Carlo. Del 13 agosto è la prima lettera in risposta ad una di Carlo (purtroppo perduta, come tutte le altre sue): descrive il luogo in cui si trova caratterizzato da burroni e avvallamenti, da «promontori scoscesi» che in certo qual modo lo affascinano: certo «se ci fosse di sotto il mare, queste strutture sarebbero ancora più suggestive». Il mare: un motivo ricorrente nelle riflessioni dell'artista come lo era stato nella sua pittura e ritorna ad essere nei disegni dei suoi ultimi anni. Quel mare che parte dal Golfo di Trieste per poi trasformarsi nel mare di Turner, come già sottolineato da Maurizio Fagiolo dell'Arco, o di Lorrain come invece pare venir suggerito nelle lettere; un mare che viene immaginato ai piedi del promontorio di Offida poiché «l'occhio, fisicamente, non riesce a vederlo in modo concreto. Lo spirito ha però il sentimento che il mare ci sia». E accanto all'interesse per il paesaggio che «continuerà a piacergli» anche quando si trasferirà nel paese di Falerone, anche quando sentirà allontanarsi la speranza di tornare, c'è il fascino della luna, la passione per l'astronomia e per le motociclette: Nathan le vede in una rimessa di Offida, in una lettera ne elenca le varie marche e i diversi modelli. Ritorna allora alla mente la figura dell'artista come l'aveva dipinto l'amico Sbisà: in sella alla sua moto con la scogliera, il mare burrascoso e la sagoma di un vulcano alle sue spalle.

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