Léa Seydoux, moglie per scommessa è l’evento al Trieste Film Festival

«Sposerò la prima donna che metterà piede in questo ristorante». Nascerà come una scommessa scherzosa, quest'esigenza di maritarsi che per di più deriva beffardamente da un mal di stomaco, ma cambierà per sempre l'esistenza fino a quel momento quieta e prevedibile, ai limiti del banale, del bel capitano protagonista. Dopo averlo scosso con le molte inquietudini e riflessioni avviate dai lungometraggi e dai documentari in concorso, stasera il Trieste Film Festival coccola il suo pubblico con un filmone di matrice letteraria che è stato in concorso all’ultimo Cannes, trasposizione di un romanzo ungherese del 1942 di Milán Füst pubblicato in Italia da Adelphi. Sfavillante co-produzione tra Ungheria, Germania, Francia e Italia calata con magnificenza nelle atmosfere degli anni Venti, "The story of my wife" che il festival propone in anteprima al Teatro Rossetti alle 20, è un fluviale e patinato melodramma romantico di quasi tre ore, primo film in lingua inglese della regista ungherese Ildikó Enyedi dopo aver conquistato l'Orso d'oro a Berlino per "Corpo e anima" nel 2017.
Il melò ambientato tra Parigi e Amburgo illuminato da un supercast capitanato da una magnetica Léa Seydoux e con Louis Garrel e i nostri Sergio Rubini e Jasmine Trinca coronerà la serata imperniata sulla cerimonia di premiazioni - oltre alle tre sezioni di concorso per la prima volta a Trieste anche l'Audentia Award di Eurimages da 30mila euro -, tutto in una giornata particolarmente densa, che mette in campo per la prima volta in sala (al Rossetti) le sezioni varate la scorsa edizione Fuori dagli Sche(r)mi, film liberissimi e difficili da etichettare, e Wild Roses, il focus sulle cineaste georgiane.
Non mancano i film che concorrono al Premio Corso Salani né opere fuori concorso degne di nota: come il polacco "Non lasciare tracce" di Jan P. Matuszyński, presentato alle 10.30 sempre al Rossetti, che è stato in concorso all'ultima Mostra del Cinema di Venezia ed è il candidato che rappresenta la Polonia ai prossimi Academy Awards per il miglior film internazionale. Basandolo su fatti reali avvenuti nel 1983, Matuszyński segue la storia di Jurek, un giovane che diventa nemico dello stato dopo essere stato l'unico testimone del brutale omicidio di un giovane studente per mano della polizia. Il regime oppressivo sfrutterà tutto il peso della sua infrastruttura per intimidire Jurek e le persone vicine al caso, usando la milizia, i servizi segreti, i tribunali e corrompendo i media nel tentativo di coprire l'omicidio.
Cambiando totalmente toni, il film evento speciale di stasera "The story of my wife" vede il capitano di lungo corso olandese Jakob Störr (Gijs Naber), legarsi in matrimonio con Lizzy (Seydoux), giovane dell'alta società parigina ma venirne presto spiazzato dallo spirito libero e destabilizzante. Scandito da ben sette capitoli più un epilogo, il film percorre l'ossessione del capitano per una possibile infedeltà della consorte, in particolare verso l'amico, lo scrittore Dedin (Garrel). Sospetti veri o no? Parte della critica ha storto il naso accusando il film di prendere le sembianze di una trasposizione, più che di un romanzo, di un feuilleton infinito e abbastanza monotono: in effetti il cambio di passo dalla fluidità della prima parte alla stagnazione della parte centrale è evidente, come si registra un problema di disomogeneità anche nella complessità della recitazione multilingue. Colpo di coda a sorpresa nel finale, che cesella comunque la godibilità di visione di un'opera finemente assemblata tecnicamente, impeccabile dalla fotografia alla scenografia ai costumi. —
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