Lifting alla dama misteriosa

Oggi, al Museo Sartorio, ricompare in pubblico la bisnonna di Pasquale Besenghi
Chi è la giovane dama, il cui ritratto verrà esposto questa mattina, dalle 11, nel salone al piano terra del Museo Sartorio? Ancora una volta, complice il recupero di un dipinto, storici dell’arte e restauratori si riconvertono in investigatori, e cercano di restituire non solo la bellezza originaria, ma l’identità a una figura femminile conservata sulla tela, che il tempo, e le vicissitudini della storia, hanno appannato.


Il 2018 è cominciato nel segno del rispetto delle donne. Scelta azzeccata, dunque, quella dell’Inner Wheel di Trieste, quando ha deciso di concentrarsi, tra i tanti dipinti della Quadreria dei Civici Musei di storia ed arte, duemila in tutto, di cui mille esposti nelle varie sedi, sul ritratto di un’aristocratica signora, la cui acconciatura e il busto erano da tempo intaccati dall’abbandono, e di finanziarne il restauro.


Oggi questa dama, tra i venti e i trent’anni, tornerà a mostrarsi in pubblico in tutto il suo splendore, con il prezioso abito a motivi floreali, le mani aggraziate che sfiorano una pianta e la pettinatura alla “fontange”, dal nome dell’amante di Luigi XIV, che lanciò la moda del merletto inamidato e plissettato per sostenere i capelli.


Chi è? Lorenza Resciniti, conservatore dei Civici Musei, si è messa sulle tracce di un’identità da ricostruire. Nel libro degli acquisti 1902-1938 conservato negli archivi, il direttore dell’epoca, Piero Sticotti, che vergava personalmente i documenti più importanti, riportava il 14 gennaio 1933 l’ingresso nelle collezioni di tre grandi ritratti a olio di gentildonne della casa Besenghi degli Ughi di Isola d’Istria, in cornice dell’epoca, pagati diecimila lire. Era più o meno un somma equivalente al prezzo di una Fiat Balilla 508, la prima auto per la massa. I quadri erano prima di proprietà di Giorgio de Marchi, di Servola, appassionato di opere e oggetti dell’area istriana, da cui, tra il 1915 e il 1933 i Musei acquistarono o ricevettero in dono altri pezzi antichi.


Cominciano i dubbi. Una verifica sulla genealogia, attesta che la signora non può essere una discendente diretta dei Besenghi. Abito e acconciatura sono databili tra il 1700 e il 1710, quando nessuna donna appare nella nobile famiglia. Chi è questa giovanissima dal sorriso enigmatico, le sopracciglia arcuate e gli orecchini a tre perle, caratteristici dell’oreficeria istriana, di cui anche le raccolte triestine conservato esemplari? Le ricerche portano a un’altra donna, Domenica Spiga, che nella famiglia potrebbe essere entrata per il matrimonio con Giovanni Pietro Besengo, nato a Venezia nel 1678 e nominato capitano civile e criminale di Piemonte d’Istria nel 1704 e nel 1727. Se di lei davvero si trattasse, sarebbe la bisnonna del letterato Pasquale Besenghi, nato a Isola d’Istria nel 1797 e morto a Trieste di colera nel 1849.


Ma il mistero che avvolge Domenica non finisce qui. Al Museo Civico del Parentino di Parenzo è conservato un altro ritratto di dama, di misure identiche, molto somigliante nel volto a Domenica, abbigliata in modo simile, con gli stessi pendenti e ricchi ornamenti di perle. Anche il gesto delle mani, nel suo manierismo, è uguale: la dama triestina coglie fiori, l’istriana porge all’occhio dell’ammiratore un medaglione con nastro. Sul quadro è riportata la scritta Bradamante Tarsia Carli MDCXV, 1615, ma la foggia dell’abito ci fa fare un salto nel tempo di almeno un secolo più tardi e il nome Bradamante non compare nell’albero genealogico dei Tarsia Carli, nè in altri documenti archivistici della famiglia.


Le due donne sono parenti? O è il pittore che le ha rese simili? Perchè, in questa storia di identità precarie, la mano dell’artista è certamente la stessa: un anonimo di area veneta attivo dalla fine del XVII secolo, con richiami a Sebastiano Bombelli, sebbene il quadro triestino appaia più raffinato, soprattutto nel cogliere il volto.


Perchè Domenica era così trascurata? Sempre sulla scorta delle ipotesi, è probabile che tutti e tre i ritratti acquistati da Sticotti fossero conservati nell’allora sede del museo di Storia Patria, villa Basevi sul colle di San Vito, gravemente danneggiata dal bombardamento del 1944. Le deflagrazioni infransero i vetri delle finestre, distrussero il terzo dipinto, andato perduto, e rovinarono le cornici degli altri due, lacerando con le schegge di vetro anche l’elaborata acconciatura di Domenica.


Il lifting, su pelle ma anche su tela, è sempre un’operazione delicata e irta di incognite, ma la dama triestina ha potuto contare sull’assoluto rispetto della sua armonia, oltre che del suo gusto e stile. Se il nome di Domenica è ancora un’ipotesi, la pettinatura della gentildonna, arricchita da spilloni di forma floreale in pendant con l’abito, per un fortuito e fortunato gioco del destino, è in archivio. Nelle collezioni dei Civici Musei è stato rinvenuto infatti un disegno del dipinto, che lo scrittore Giuseppe Caprin commissionò al pittore Giulio de Franceschi per illustrare il suo libro, “L’Istria Nobilissima”, edito a Trieste nel 1907, quindi quando il quadro era ancora integro.


Per tre mesi la restauratrice Carla Vlah, sotto la supervisione della Sovrintendenza, ha lavorato ai capelli e alla veste della signora: pulitura con solventi, stuccatura delle lacune con gesso di Bologna e colla di coniglio, impermeabilizzazione. Poi la parte più delicata: “rigatino” e “puntinatura” per riprodurre esattamente gli elementi mancanti della testa e della veste.


Questa mattina, a solennizzare il riuscito “makeover” dell’effigie di Domenica, che ridona una sfumatura rosata alle guance e il candore alla generosa scollatura, ci saranno autorità e responsabili dei musei, oltre ad Anna Maria Cossutti, presidentessa del sodalizio che ha preferito, tra i tanti dipinti museali da soccorrere, questa antica e misteriosa bellezza in disgrazia. Anche lei, in qualche modo, vittima di un atto brutale.


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