“Limen” storia di confini in foto, quadri e sculture tra Cavò e Contemporary art

la mostra
Limite, confine, controllo, il filo spinato è un simbolo di protezione o di censura? È di fatto solo l’unione di due pezzi di ferro rinforzato da una serie di spine, brevettato da Joseph Glidden nel 1874 ma rappresenta un luogo non attraversabile, delinea il margine cupo dell’impossibilità. Tre artisti contemporanei mediante la fotografia, la pittura e la scultura affrontano questa scomoda tematica purtroppo sempre tristemente attuale nella mostra “Limen”. Promossa dall’associazione culturale Cizerouno, Cavò, e dalla galleria EContemporary di Trieste l’evento si apre questa sera con una doppia inaugurazione: la prima si svolgerà alle 18.00 al Cavò di via San Rocco 1, e sarà dedicata ai lavori della giovane fotografa Silvia Sanna, mentre alle 19.30, presso la EContemporary in via Crispi, 28 si darà avvio alla doppia personale dedicata alle sculture di Deborah Napolitano e ai dipinti di Vincenzo Ruocco.
La data prescelta per l’inaugurazione della mostra è simbolicamente vicina a quella dedicata alla Giornata della Memoria per ricordare la Shoah.
Massimiliano Schiozzi ed Elena Cantori sono gli ideatori di una esposizione che vuole far riflettere sull’allontanamento forzato e violento dalla propria dignità, senza distinzione di storie, luoghi o persone. «La tendenza attuale – scrive Olivier Razac in Storia politica del filo spinato. Genealogia di un dispositivo di potere – è di chiudere, gerarchizzare e controllare lo spazio con mezzi ben più sofisticati, ancora più leggeri e reattivi».
Ma la determinazione a rimanere umani non è un filo tanto sottile da essere spezzato con facilità, l’arte è la più nobile espressione di una volontà. Tre artisti, due gallerie, una sola mostra per documentare un pensiero. Le fotografie dell’artista sarda Silvia Sanna sono concettuali, intimiste, quasi performative e propongono un dialogo tra il corpo e il filo spinato.
La figura stessa della fotografa diventa linea di confine tra una sinuosità, un sentire, una corporeità e la freddezza glaciale della barriera acuminata. Il filo, con le sue evidenti spine, non solo percorre il corpo lungo la silhouette ma anche penetra e lega parti di esso, immobilizzando di fatto un divenire.
La pittura del salernitano Vincenzo Ruocco è soave, narrativa, lirica nei tratti del rosso che sfocia nel giallo ramato del sole al tramonto. I suoi acquarelli possiedono un concretismo evocativo non solo nei connotati di drammaticità delle geometrie contenitive di filo spinato ma soprattutto nella memoria e nel rammarico profondo e acuto di ciò che non potrà più essere.
I quadri posseggono un potente dinamismo delineato dal raccontare, attraverso la forza cromatica delle pennellate, la drammaticità della mancanza di identità. Le sculture di Deborah Napolitano sono permeate di un’essenzialità concettuale, di un estetismo minimalista che tocca, ugualmente, le pieghe dell’anima. La costruzione estremamente lineare delle opere della scultrice salernitana riporta ad un armonioso rigore d’austerità: la sedia dalle giunture spinate ha dinnanzi uno specchio rotto nel quale non è più possibile riflettersi in un’unicità ma solo con uno sguardo che riporta al frammento di sé. La Napoletano gestisce la potenza del ferro permeandola sulla propria espressività interiore. La mostra “Limen” aspira ad un dialogo sulle differenze, i quadri, le sculture, le fotografie pregne di una complessa energia narrativa declinano gli aspetti di una disarmonia derivante della costrizione del vivere. —
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