L’impronta dell’uomo sull’Antropocene porta dritto al disastro

la recensione
L’epidemia da Covid-19 che stiamo vivendo non è che l’inizio. O almeno uno dei segnali più evidenti e allarmanti del nostro tempo, l’Antropocene. Perché c’è di peggio del virus. Come la “drammatica perdita di specie, e con esse di varietà genetica, ecosistemi, habitat, paesaggi che caratterizza questa epoca”. Secondo alcune stime perdiamo tra le 11.000 e le 58.000 specie animali all’anno, di fatto è la sesta estinzione di massa sulla Terra negli ultimi cinquecento milioni di anni. Si dice che stiamo distruggendo il pianeta, ma sarebbe più corretto dire che stiamo distruggendo la vita dell’uomo su questo pianeta. Non è una catastrofe, è semplicemente un cambiamento pericoloso, e se ne può ancora uscire: “L’umanità si trova di fronte a una sfida epocale e siamo davanti a un bivio. La sfida è trovare una modalità tale per cui i progressi che come specie abbiamo compiuto non vadano a scapito delle generazioni future e dei milioni di specie che assieme a noi sono oggi in questo mondo”. Parole di Emilio Padoa-Schioppa, docente di Ecologia del paesaggio e Didattica della biologia all’Università di Milano-Bicocca, che firma l’illuminante e agile volumetto “Antropocene - Una nuova epoca per la terra, una sfida per l’umanità” (pagg. 167, euro 12), pubblicato nella collana del Mulino “Farsi un’idea”. In linea con la collana, che edita saggi brevi e riassuntivi su svariati argomenti di attualità, il testo di Padoa-Schioppa è una specie di bignami che illustra in modo conciso ma puntuale uno dei temi scientifici più dibattuti e bazzicati a livello mondiale, e cioè come e fino a che punto è arrivato “l’impatto dell’uomo sulla Terra”. E questo in una “nuova fase storica in cui l’uomo è in grado di modificare gli equilibri climatici, geologici, biologici e chimici del sistema”. L’Antropocene, appunto. Niente di allegro - come dimostra la pandemia che stiamo vivendo - ma nemmeno di catastrofico: “Non è mia intenzione - avverte l’autore - associarmi a chi considera l’Antropocene l’inizio della fine dell’umanità. Non credo possiamo dire questo. Probabilmente l’umanità - o almeno una parte di essa - sopravviverà a uno sconvolgimento e a una crisi ambientale globale, il punto è vedere come e a quale costo”. Perché il primo tratto caratterizzante dell’Antropocene è proprio il cambiamento climatico, accelerato - ormai è innegabile - in forma esponenziale dalle attività umane. La Terra, spiega Padoa-Schioppa, è un ecosistema assai complesso, dallo sviluppo non lineare e in continuo mutamento, con o senza l’uomo sul groppone. Il fatto è che ciò che stiamo combinando in termini di riscaldamento globale, alterazione dei cicli biogeochimici, perdita della biodiversità, irreversibile trasformazione di habitat e paesaggi ci torna indietro come un boomerang. A noi, non alla Terra. Il nostro pianeta se ne frega dell’uomo che lo calpesta, e anche la crisi generata dalla pandemia di Covid-19 non è “una risposta della natura alla pressione dell’uomo sulla Terra”. Ma di certo un’umanità più numerosa e interconnessa è stata come un trampolino per il salto di specie che è all’origine della diffusione del virus, questo e quelli che verranno. E dunque, dice Padoa-Schioppa, possiamo ancora intervenire per cambiare rotta. Come? In tanti modi, che in buona parte già conosciamo, ma seguendo le quattro parole chiave che indica la scienza: sostenibilità, mitigazione, compensazione, adattamento. Il piccolo manuale dedicato all’Antropocene spiega come si potrebbe fare. Vale la pena ragionarci su. —
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