L’incredibile Operazione Atlantide rivive in un film cinquant’anni dopo

Domani mattina su Rai 3 Fvg il documentario di Pietro Spirito diretto da Diego Cenetiempo e prodotto da A–Lab sulla vicenda del lago di Cavazzo



Il 1969 è l’anno in cui l’uomo ha posato il primo piede sulla Luna ma anche quello in cui, nel lago di Cavazzo, tra i monti della Carnia, dodici giovani “acquanauti” hanno vissuto per un mese in tre capsule a 17 metri sotto il livello dell’acqua. Sembra la trama di un film di fantascienza di quegli anni, e invece è tutto vero: si tratta di “Operazione Atlantide”, uno dei primi esperimenti al mondo di cittadella sommersa. L’incredibile storia del progetto è raccontata nel documentario “Operazione Atlantide” firmato dal giornalista del “Piccolo” e scrittore Pietro Spirito, diretto da Diego Cenetiempo e prodotto da Debora Desio per A-Lab. Il film andrà in onda domani alle 10.05 su Rai 3 del Friuli Venezia Giulia e mercoledì 15 gennaio alle 21.20 sulla Terza Rete bis (canale 103 del digitale terrestre).

«Volevamo uscire dall’idea del documentario classico con interviste, filmato d’archivio e voce fuori campo, quindi abbiamo utilizzato un escamotage narrativo: l’idea è quella di un “meta-film” sulla preparazione di un documentario sull’Operazione Atlantide», spiega Cenetiempo. «Raccontiamo di un giornalista e scrittore, appunto Pietro Spirito, che parte con un furgone per raggruppare i reduci dell’Operazione Atlantide e riportarli sul lago cinquant’anni dopo». A parlare è anche l’artefice del progetto, Luciano Mecarozzi, allora giovane speleosubacqueo che per la sua “idea balzana”, come lui stesso la definisce, riuscì ad avere il contributo dell’Esercito, della Marina militare e della Polizia di Stato in termini di assistenza, mezzi e materiali. E, anche se l’operazione ebbe qualche risvolto controverso, oltre ai media di tutto il mondo anche i Servizi segreti guardarono con interesse al progetto. L’aspetto tecnico-scientifico era comunque al centro: ogni otto ore il medico dell’operazione, Giorgio Maisano, s’immergeva per raggiungere le capsule, prelevare il sangue dei partecipanti e studiare il loro livello di cortisolo in una situazione in cui, senza la luce del sole, il ritmo sonno-veglia era completamente stravolto.

Tra gli acquanauti c’era anche una donna, Silvana Polese, che aveva 16 anni: «È stato un salto nel buio. Ma ho scoperto che si può vivere assieme a persone che si conoscono poco», dice la donna. Perché all’interno dei contenitori sommersi si viveva gomito a gomito, si chiacchierava, nascevano simpatie e gelosie. A mostrare la vita nei container sottomarini sono le straordinarie riprese dell’epoca fornite proprio da uno degli acquanauti, Mario Ordiner: «Si tratta di filmini in Super 8 girati direttamente da lui, quindi molto personali», spiega Cenetiempo. «Esistevamo molti materiali dell’Istituto Luce e della Rai, ma niente ci è sembrato più interessante di quelli realizzati dallo stesso protagonista. È il suo punto di vista». Spirito e la produttrice sono riusciti a scovare sei acquanauti, ma molti sono risultati irreperibili. «L’incontro che abbiamo filmato però è reale», afferma Cenetiempo. «I sei si sono incontrati per la prima volta dopo cinquant’anni. Nel film la storia ancora più importante è proprio l’incontro di queste persone che hanno partecipato a un’iniziativa incredibile nel 1969 e anche l’anno dopo, ma poi, in realtà, non hanno proseguito quella carriera. Ognuno ha preso la sua strada e non si sono mai più rivisti». “Operazione Atlantide”, però, è anche il racconto di un’epoca irripetibile per l’Italia, un periodo di grandi cambiamenti e grande fermento tra le contestazioni studentesche, gli scioperi nelle fabbriche e le manifestazioni contro la guerra in Vietnam. Un momento in cui scienza era sinonimo di futuro, sulla Luna come sul fondo del lago di Cavazzo. —

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