Lino Guanciale: «Sì, vorrei vivere a Trieste»

L’attore, che veste i panni dell’ispettore Cagliostro nella fiction “La porta rossa”, domani sarà al Cinema Ariston
Di Elisa Grando

Per tutti, ormai, Lino Guanciale è Cagliostro, l'ispettore fantasma protagonista di "La porta rossa", la serie tv girata a Trieste che ha raddoppiato lo share di RaiDue diventando un cult immediato. E il legame con la città è talmente forte che domani sera l'attore, Valentina Romani (Vanessa sullo schermo), Pierpaolo Spollon (Filip) e il regista Carmine Elia torneranno a Trieste per vedere le ultime due puntate in diretta con RaiDue insieme al pubblico della città, alle 21 al Cinema Ariston in un evento specialissimo andato sold out in poco più di un'ora.

Alle 19.40 invece Lino, Valentina e Pierpaolo parteciperanno anche alla diretta Facebook con i lettori de “Il Piccolo” dal rinfresco organizzato a "Casa Cagliostro", l'appartamento sulle Rive dov'è stata ambientata la casa dell'ispettore e della moglie Anna (Gabriella Pession).

E poi non ci resta che aspettare il sequel, che ormai pare sicuro: voci insistenti dicono che gli sceneggiatori Carlo Lucarelli e Giampiero Rigosi sono già al lavoro, e domani sera a Trieste arriveranno anche la direttrice di RaiFiction Eleonora Andreatta e il vicedirettore editoriale di RaiFiction Francesco Nardella.

Per Lino Guanciale è un ritorno trionfale in città, dove durante le riprese si era ambientato così bene da prendere addirittura la tessera della biblioteca: «Di Trieste mi sono innamorato: solo l'idea di tornarci mi elettrizza. Ho sentito, e mi è capitato poche altre volte nella vita, che sarebbe una città dove vorrei vivere stabilmente. E se il lavoro me lo permetterà lo farò, la tessera della biblioteca è sintomatica».

Lino Guanciale, cosa dobbiamo aspettarci dalle ultime puntate di domani sera?

«La vicenda si chiude davvero: sapremo finalmente chi ha ucciso Cagliostro. Ma restano margini di mistero notevoli. Insomma, come nel motto della serie, "la fine non esiste"...».

Ci racconta la chiave del suo Cagliostro? È un uomo contraddittorio: spigoloso, arrogante, ma anche dolce nei confronti della moglie Anna...

«C'è una forte differenza tra il suo privato, quello che tira fuori anche a fatica con le figure più famigliari per lui, la moglie Anna ma anche Rambelli, e la sua faccia pubblica, da detective spesso respingente, che vive come se stesse sempre facendo un'indagine. Gli si vuole bene quando si finisce per conoscerlo».

Per prepararlo ha pensato ad altri fantasmi cinematografici?

«Avevo tre modelli: Ivan Karamazov del romanzo di Dostoevskij, una figura estremamente logica che però arriva alla follia perché ha come problema la gestione dell'irrazionale. Poi il Vittorio Gassman di "Questi fantasmi" perché desideravo che nel personaggio passasse una certa ironia. E poi c'è "River", una serie della Bbc con Stellan Skarsgard nei panni di un commissario vivo ma che vede i morti: all'inverso, una condizione di marginalità simile a quella di Cagliostro».

"La porta rossa" è una serie completamente diversa rispetto ai suoi lavori precedenti...

«"Dama velata" a parte, che era un mélo, per la tv ho per lo più fatto commedie, "Che Dio ci aiuti", "Non dirlo a mio capo" e "L'allieva". Qui il registro è drammatico, da detective story, quasi hard boiled. Questa commistione di generi è la ragione del successo ma è anche difficile da gestire. E forse nel sequel si può migliorare, certe pieghe dei dialoghi a cavallo tra arco sentimentale, "detection" e mystery possono ancora crescere».

Cos'ha cambiato per lei "La porta rossa"?

«Anche se l'iniezione forte di popolarità per me era già arrivata con serie precedenti, è cambiato molto. Tornano ad esserci offerte importanti dal cinema. E poi la gente adesso mi fermi per strada, ma perché gli dica chi è l'assassino di Cagliostro».

Dopo "La porta rossa" dove la vedremo?

«Dal 7 al 13 aprile sarò con la mia compagnia, I Carissimi Padri, al Teatro della Pergola di Firenze con lo spettacolo "Istruzioni per non morire in pace" sulla Grande guerra. A maggio uscirà l'action-comedy "I peggiori" di Vincenzo Alfieri, dove col regista interpretiamo due fratelli squattrinati che vivono a Napoli e si travestono da supereroi napoletani, cioè da Maradona, diventando i giustizieri della città».

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