Lo scoop diventa noir quando l’omicidio è più reale in un video

Uno Jake Gyllenhaal in stato di grazia è un giornalista senza scrupoli nella Los Angeles del debuttante Gilderoy
Di Cristina Borsatti

Louis Bloom (Jake Gyllenhaal) è “Lo sciacallo”, epiteto di un personaggio senza scrupoli e titolo al tempo stesso del debutto alla regia di Dan Gilderoy, già sceneggiatore di “The Bourne Legacy”. Louis è un ladruncolo che scorrazza per le strade di Los Angeles, ladro per caso perché non trova lavoro. Ruba di tutto per sopravvivere, in particolare il ferro e il rame, ma una sera assiste ad un incidente stradale e nota un uomo che con una telecamera cerca di catturarne i dettagli. Capisce così che può filmare i fatti di cronaca e rivenderli ai network televisivi. Una scalata al successo e al denaro, al di fuori della legge e dell’etica, capace di renderlo sempre più spietato finché, pur di mettere a segno uno scoop sensazionale, arriva ad interferire pericolosamente con l’arresto di due assassini. Ecco lo scoop che lo renderà famoso, con l’aiuto di Nina (Rene Russo), la responsabile delle Morning News di una importante emittente televisiva, e del giovane Rick (Riz Ahmed), assunto come assistente per farsi aiutare nelle riprese. Una videocamera, uno scanner, una radio e il gioco è fatto. Almeno in America, a Los Angeles, dove il fenomeno dei reporter freelance a caccia di incidenti, incendi, omicidi e altri disastri non dorme mai.

Il risultato è un thriller adrenalinico interpretato da un attore in odore di Oscar, spettacolare e magrissimo, occhi sempre spalancati nonostante scivoli come un serpente per le strade di Los Angeles, calcolatore, subdolo, immorale, inarrestabile. Le scene d’azione non mancano, ma il vero punto di forza è umano, è Louis il vero e proprio motore della pellicola. Difficile staccargli gli occhi di dosso, non concentrarsi sui suoi spostamenti mentali, non seguire il suo atipico percorso verso la realizzazione del sogno americano. Per nulla positivo, eppure capace di empatia, anche grazie ad un Gyllenhaal sorprendentemente convincente. Lo sciacallo che c’è in lui si nutre, assetato di sangue e successo, delle morti altrui, vince perché arriva prima, è il migliore del branco perché ha imparato la lezione dalle bastonate ricevute. Per lui “la realtà è più reale in video”, una riflessione sull’odierna deriva dello sguardo, con molta probabilità una tra le principali cause del decadimento culturale di questo nostro presente.

Gilroy la mette in scena con maestria, grazie ad un’esperienza ventennale nel cinema, pur non avendo mai diretto nulla, riesce a cogliere fascino e squallore di L.A., colata di cemento protesa verso il mare in cui striscia ogni sorta di animale pericoloso. Un salto dietro la macchina da presa ambizioso, sbalorditivo, sorprendente, in cui Los Angeles, notturna e immorale, ricorda quella del “Collateral” di Michael Mann. E anche qui, i personaggi sono memorabili, anche Rene Russo (moglie nella vita del regista), indifendibile, terrificante, come Louis, eppure affascinante. Gilroy mantiene costante una tensione di fondo, una sensazione di pericolo imminente, nessuno è al sicuro nelle proprie case, neppure nei quartieri considerati “bene”. Gilroy è capace di muovere la camera anche nelle scene action, su tutte nel tachicardico inseguimento finale. Ma è dentro il personaggio che fa il lavoro migliore. Louis è un mostro, certo, ma un mostro costretto ad essere tale, rifiutato e plasmato da una società che gli ha imposto di annegare nell’orrore. Affascinante, s’è detto, con quel suo linguaggio forbito, quella sua cravatta sempre in ordine, quel suo modo perbene, il tutto portato sullo schermo in modo eccezionale. Personaggio astuto come un animale, carnefice quanto vittima. Nota di merito anche alla fotografia di Robert Elswitt, e alla colonna sonora elettronica di James Newton Howard. È un noir inquietante “Lo sciacallo”, mette in tavola una gran quantità di temi, fa riflettere. Come ai tempi di “Quinto potere”, consapevole di quanto sia attraente la cronaca nera. La conclusione è inquietante, un incubo tale da spazzare via l’apprezzabile assenza di moralismo del film. Gilroy non giudica, non penalizza, ma il suo “Sciacallo” è film illuminante, una critica senza mezzi termini al sistema dei mass media. Il film scorre rapido, solido, spietato. Assolutamente da non perdere.

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