Lo Zingarelli festeggia un secolo con pinza e iota
La nuova edizione del vocabolario oggi al liceo Dante-Carducci con il suo curatore triestino, il professor Mario Cannella

Iota, ma anche Pinza, Bora, Mulo, Pirone, Ciacolare, Alabardato. Nel dizionario Zingarelli, che quest’anno festeggia il suo primo secolo di vita, c’è molto di Trieste e di triestino. Voci entrate nel corso degli anni che, con l’inserimento nel vocabolario d’italiano, non sono più solo patrimonio locale, ma sono state sdoganate: sono entrate a far parte a pieno titolo della nostra lingua nazionale. In quella grande fabbrica delle parole che è lo Zingarelli da un secolo si registrano le trasformazioni della lingua italiana e del lessico comune, che continua ad attingere anche dai dialetti locali.
Ogni anno lo Zingarelli esce con una nuova edizione, rivista e aggiornata: in quella del 2018 sono racchiuse 145 mila voci, oltre 380 mila significati e 115 definizioni d’autore. A farsi carico di questo lavoro da notaio è ormai da 22 anni Mario Cannella, lessicografo di lunga data e triestino di nascita. A Trieste Cannella ha frequentato il Liceo Dante Alighieri, che oggi come Carducci-Dante lo ospiterà alle 11.30 per una conferenza dedicata proprio ai cent’anni dello Zingarelli. Su quei banchi all’epoca c’era anche lo studente Claudio Magris, di cui lo Zingarelli ospita, tra le sue 115 Definizioni d’autore, il commento alla voce “Frontiera”.
Il curatore
Dopo la laurea in Letteratura italiana all’Università di Trieste, Cannella si trasferì a Milano, dove insegnò per alcuni anni. Poi arrivò l’incarico che gli avrebbe aperto le porte della fabbrica delle parole: fu chiamato in Cina per redigere il primo dizionario italiano-cinese. «Vi passai due anni interi, senza mai tornare a casa, portando anche mia figlia, che allora aveva cinque anni - racconta il lessicografo -. Al rientro in Italia la iscrissi in seconda elementare proprio a Trieste, dove vivevano i miei genitori».
Il rapporto con Zanichelli, la casa editrice del dizionario, iniziò nel 1983, quando Cannella fu chiamato per curare il Primo Zanichelli, dizionario rivolto ai più giovani, oggi alla sua quinta edizione. Alla cura di numerose edizioni dello Zingarelli minore nel 1995 si sommò il labor magnus che Cannella porta avanti tuttora, dalla sua casa-bottega di Vimercate, come responsabile della revisione e dell'aggiornamento annuale del celebre dizionario. Un mestiere che assorbe gran parte della sua giornata, perché a ogni nuova edizione il dizionario si arricchisce con un migliaio di nuove voci tra neologismi lessicali e semantici.
Le novità della lingua
La nascita di una nuova parola significa la genesi di un nuovo concetto, di una nuova idea che finché non viene detta, ma soprattutto definita, determinata nei suoi confini, è come se non esistesse. «Le nuove parole sono come funghi dopo la pioggia - dice Cannella - sorgono in continuazione. I giornalisti ne sfornano in grande quantità, insieme ai politici e alle celebrità: adottano una parola, la rilanciano e il nuovo termine inizia a circolare. Uno dei nostri compiti è proprio il monitoraggio: attraverso giornali, radio e tv, ma anche tendendo l’orecchio alle conversazioni che si svolgono in autobus o in treno. Annotiamo le nuove parole e le teniamo sotto osservazione: ce ne saranno alcune che dureranno soltanto una stagione, altre che si consolideranno nel tempo. A volte scommettiamo sulla loro durata, contando che almeno rimangano come testimonianza di un periodo: è il caso per esempio di Bimbominkia, termine gergale attualmente molto noto ma che non possiamo sapere come si comporterà nel tempo. A sdoganare queste parole è l’utilizzo, ma non di un utente qualsiasi: devono affiorare anche nella lingua standard, nell’uso che ne fanno le persone colte». Nel mondo della lingua italiana non è che uno valga uno: «Non ci si può affidare troppo a Google per fare i conti, perché per lui una citazione di Eco vale quanto una chat qualsiasi».
Tra i neologismi introdotti negli ultimi anni ce ne sono molti che derivano dal linguaggio di internet e delle nuove tecnologie: Flaggare, Taggare, Spammare, cui dal prossimo anno probabilmente, anticipa Cannella, si aggiungerà Whatsappare. Ma ci sono anche termini legati all’evoluzione sociale e politica, come Hater, Influencer, Brexit. Addirittura Gufismo, definito come l’«atteggiamento di chi si augura il male altrui». Per Ciaone invece dovremmo aspettare l’anno prossimo, che, svela Cannella, potrebbe essere l’anno buono anche per il nostro Osmiza. Anche la gastronomia, sempre più globalizzata, è una fonte preziosa per l’introduzione di nuovi termini: quest’anno insieme al sardo pane Carasau nel dizionario entrano Enchilada, Empanada, Wonton, Noodle e Street food. È ricco anche il panorama di neologismi nei modi di dire, cui quest’anno si aggiunge la Tamarrata (tutto ciò che è considerato volgare e vistoso) e il Dietrologismo (tendenza a fare dietrologia).
I neologismi semantici
Nel tempo una lingua non cambia solo attraverso la creazione di nuovi termini. Altrettanto importante è l’evoluzione semantica di una stessa parola nel tempo: le nuove accezioni che assume ci dicono tanto sui cambiamenti della società e del nostro modo di pensare il mondo. Il termine “Amicizia”, per esempio, con l’avvento del Social più usato al mondo, ha assunto una nuova accezione, che il dizionario prontamente registra: «relazione che si stabilisce fra due utenti Facebook quando esprimono reciproco consenso a condividere i contenuti del proprio profilo». Ma anche il termine “populismo” nel tempo ha assunto diverse accezioni: «Tutte le parole hanno un’ambiguità e una mobilità costante: il linguaggio è instabile e moltiplicabile a piacere», dice Cannella. Ma ciascuna lingua fa le proprie scelte: perciò se in italiano lo Zingarelli dà conto di tre significati per populismo - 1. movimento politico russo di fine 800; 2. ideologia che vede nel popolo un modello etico e sociale; 3. (spregiativo) atteggiamento per accattivarsi il favore popolare attraverso proposte demagogiche -, in russo, più fedeli alla propria storia, si è preferito usare due termini diversi per la prima e la terza accezione: narodničestvo e populism.
Il lavoro del lessicografo
Lungi dall’essere uno studioso chiuso in una torre d’avorio, il lessicografo cerca di mettersi sempre dalla parte di chi il vocabolario lo apre e lo consulta. Per Cannella è questo il segreto di un lavoro che all’inizio si giocava tutto su schede cartacee, messe in ordine alfabetico in grandi schedari, spesso pinzate insieme ai giornali che rappresentavano la pezza d’appoggio della definizione. Anche le indicazioni grafiche andavano riportate su carta: si lavorava a matita su grandi fogli segnalando, per esempio, con due sottolineature il grassetto e una il corsivo. I postini avevano il loro bel daffare per trasportare grandi pacchi di carta tra le varie sedi in cui si preparava il dizionario. Oggi per spedire basta un clic, si lavora in modalità revisione, gli archivi sono online e ci si appoggia alle banche dati dei grandi quotidiani e periodici, oltre che a Google Libri.
Il database dello Zanichelli conta 8 miliardi di caratteri e quasi 2 miliardi di parole, da Iacopone da Todi a Svevo e Montale. Sono passati cent’anni da quando il pugliese Nicola Zingarelli, grande studioso dantesco, diede vita al primo fascicolo del dizionario, in piena Prima Guerra Mondiale, tra Caporetto e Vittorio Veneto. Cannella condivide con lui la formazione classica («Conoscere il greco e il latino è fondamentale per il nostro lavoro») e la grande apertura mentale: «Ebbe grande cura per decine di migliaia di parole arcaiche, ma non morte, da quelle di Francesco d’Assisi a quelle di Machiavelli - racconta Cannella -. Ma aprì alle voci del mondo della tecnologia, dall’aviazione alla radio, e alle parole provenienti dall’estero. Fino al 1935, in pieno Ventennio, quando si suggeriva di dire Mescita invece di Bar».
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