Dipinti, sculture, porcellane tra Liberty e Art déco: “Modernismi” in mostra al Museo di via Torino

Alle 17.30 al Civico museo della civiltà istriana, fiumana e dalmata di Trieste si inaugura la mostra “Modernismi” con focus sulla Venezia Giulia

Mode Perini negli anni venti di Umberto Schiavon
Mode Perini negli anni venti di Umberto Schiavon

Inaugura oggi, 31 ottobre, alle 17.30, al Civico museo della civiltà istriana, fiumana, dalmata di via Torino, la mostra “Modernismi, la Venezia Giulia fra Liberty e Art déco”. La rassegna sarà visitabile fino al primo febbraio 2026, ogni giorno dalle 10.30 alle 12.30 e dalle 16.30 alle 18.30, con ingresso libero. La mostra, come spiegano il presidente dell’Irci Franco Degrassi e il direttore Piero Delbello, vuole essere uno sguardo d’insieme nelle arti della Venezia Giulia, con l’occhio rivolto anche a Fiume e alla Dalmazia, dall’inizio del Novecento fino agli anni Trenta del secolo trascorso. Una visione a 360 gradi fra architettura, scultura, decorazione, pittura, illustrazione, arti applicate, artigianato, “costume”.

Il calendario 1926 di Giulio Toffoli
Il calendario 1926 di Giulio Toffoli

Ma da dove nasce questa mostra? La Venezia Giulia, spiegano dall’Irci, vivrà i tempi fra il Liberty e il Déco celando e scoprendo dietro le occhiaie liberty dei palazzi, oltre quei muri che poi si squadreranno più secchi quando il decoro floreale lascerà spazio alle semplificazioni, mille sorprese nell’arredo e nell’oggetto che fa bella la casa. Porcellane, ceramiche, bronzi, vasi, vetri, pannelli che in trenta-quarant’anni ci mostreranno quanto questa terra sia stata capace di accogliere e apprezzare il meglio che il mercato poteva offrire.

A Trieste, ma anche a Pola, a Fiume, a Gorizia, non sarà difficile ritrovare oggetti di grandi firme, il servizio di bicchieri che esce dal disegno di Hoffmann, il piatto della Wiener Werkstätte, la donnina in bronzo di Chiparus, il vaso di Gallé o la ciotola di Lalique. Fino a scoprire che anche in case non ricchissime poteva trovare spazio una ceramica della Lenci, una testa femminile inventata da Sandro Vacchetti, una piastrella di Gio Ponti, un pochoir di Brunelleschi o un bucchero, se non un bronzo, di Cambellotti. Anche questa sarà la Venezia Giulia fra Liberty e Déco, quella che in questa rassegna cercheremo di mostrare.

Liberty. Alzi gli occhi, giri per Trieste, trovi facciate, strutture, decorazioni, portoni e portali. A Fiume la stessa cosa. Architetti, alcuni grandi, una manciata grandissimi, alcuni poco noti. Pure l’impronta secessionista, il colpo di frusta da japonisme o la razionalizzazione di cerchi e linee rette da Wiener Werkstätte, offrono toni e colpi da maestro. Decoratori, gli uomini che servono per condire la scena delle scelte dell’architetto, se non scultori per dare un profumo ancora più forte. Fiori stilizzati, la rosa di Mackintosh, ripresa e perpetuata sulle facciate delle case.

Déco. Nelle cose, più che nelle case. A volte, sulle case; sicuramente, dentro le case. Scultura. Da Ruggero Rovan sino a Ivan Rendić, poi Giovanni Marin che liberteggia e, dopo un attimo, Attilio Selva. Poi c’è Franco Atschko-Asco, ci sono i suoi allievi, si trasfigura: Déco? Qui il pensiero va verso due scultori giovanissimi, Marcello Mascherini e Ugo Carà.

Naturalmente, pittura e illustrazione poiché sovente il pittore è anche illustratore. E viceversa. Nella Venezia Giulia individuare un pittore che sia squisitamente liberty oppure definibile déco non è cosa facile. Rudolf Kalvach, viennese/triestino, cos’è? Come definire, dove inserire le xilografie del porto di Trieste? Ma, poi, nella sua esperienza alla Wiener Werkstätte, quelle cartoline con gli esseri grotteschi, in colori forti e, soprattutto, netti sono Secessione? Argio Orell, con studi monacensi, allievo di von Stuck, può essere inserito nella dimensione secessionista, per un periodo e per parte della sua produzione. Così Vito Timmel, che fu a Vienna e avrebbe voluto essere, senza riuscirsi, allievo di Klimt. E di chiara e squisita ispirazione klimtiana restano alcune sue opere superbe.

Poi, però, tanto quanto Orell, in pittura, si avvicinerà ai canoni novecentisti, altrimenti i modi di Timmel potranno essere inseriti in una dimensione déco, anche qui, però, per un periodo e per parte della sua produzione. Liberty, senz’altro, sarà il poco noto, eppure formidabile, allievo di Orell, Umberto Schiavon, che ci ha lasciato alcune opere di rara efficacia e di eccelsa capacità decorativa. Egli esemplificherà in maniera suggestiva il passaggio dal Liberty al Déco. 

Il catalogo curato da Piero Delbello, edito dall'IRCI, ha i contributi di Roberto Curci, Diana Barillari, Paolo Tomasella, Luca Bellocchi, Alessandra Tiddia, Bruna Pompei, Simone Volpato, Rossella Sommer, Isabella Reale.

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