L’origine del mondo, i Mille Occhi fa scandalo
TRIESTE. Per chi sostiene che nell'arte non si possa creare più nulla di nuovo sul tema del sesso, la ricerca avviata da Deborah De Robertis, effervescente artista lussemburghese, obbliga subito a ricredersi. Preparandosi al gran finale di stasera, quando alle 20.30 al Teatro Miela verrà consegnato il premio Anno Uno a Tariq Teguia, il regista algerino arrivato in mattinata a Trieste, il festival Mille Occhi ha voluto puntare su un personaggio non strettamente cinematografico ma non meno carismatico presentando ieri, per la prima volta proiettato sul grande schermo, la video performance “Miroir de l'origine” di Deborah De Robertis. Una personalissima versione del celebre dipinto di Gustave Courbet “L'origine del mondo” interpretata dall'artista, messa in atto il 29 maggio come un blitz proprio davanti al quadro ospitato in una sala del Museo d'Orsay, fino all'arrivo e al fermo della polizia parigina. Il motivo? Aver svelato “l'origine del mondo” in carne e ossa spalancando le gambe.
Immediatamente censurato da YouTube, parole di fuoco vergate da qualche giornalista - Le Figaro l'ha attaccata duramente - il video ha suscitato clamore anche al di fuori del mondo dell'arte. Ma mentre ci si aspetta di trovarsi di fronte a una performer sfrontata o più semplicemente furba, colpisce invece di De Robertis una morbida dolcezza nei gesti e nelle parole, e una lettura del suo lavoro che fa sembrare vuote e per lo più fuori luogo parole come “provocazione” o “esibizionismo”. “Non accontentandoci delle chiavi di lettura più ovvie – spiega il direttore del festival Germani - abbiamo colto un'intensità vera e, di fronte all'intervento censorio che ha fermato Deborah, il suo sguardo disarmante e disarmato è il segno della sua verità».
«L'invito dei Mille Occhi mi ha incuriosito – racconta De Robertis - e io stessa mi sono chiesta cosa possa aver suscitato il mio lavoro per invitarmi al festival. Il video è più legato a un ambiente espositivo e quindi il fatto di poporlo per la prima volta sul grande schermo è qualcosa che mi piace molto. Non mi preoccupo se nel passaggio di formato possa subire distorsioni: certamente inserito all'interno di un festival lo statuto dell'opera cambia, ma per me il fatto positivo è soprattutto che esca da internet: quella non era la sua finalità, è stato più che altro un passaggio».
Ma come nasce la performance, come agisce concretamente l'artista quando si prepara all'azione? «Quando decido di intervenire – spiega l'artista - vado al museo regolarmente negli orari d'apertura facendomi accompagnare dal fotografo che collabora con me. Spesso non domando nulla alla direzione o al personale, nell'idea che possa togliere naturalità, quella spontaneità che invece è necessaria per il mio lavoro, che vuole raggiungere un livello di verità. Se vedo che mentre giro qualcuno mi osserva o può sospettare qualcosa, certo posso dire che sono un'artista dalla personalità bizzarra e che qualcosa farò, ma sempre senza svelare troppo. Non voglio fingere né nascondere nulla, perchè alla fine in quest'opera non è importante la visione del sesso: è una posa che non ha nulla di pornografico ma che apre all'universale».
L'ispirazione non è arrivata all'improvviso: la performance ha permesso di rendere più interattivo il lavoro iniziato nella serie fotografica “Memoire de l'origine”. È una ricerca che arriva da lontano, quella di Deborah, e che l'artista porta avanti ponendosi dal punto di vista degli oggetti che ci circondano e che guardiamo, cercando di interpretarne e rilanciarne a sua volta, come in un specchio, lo sguardo. «Perchè “Miroir” non è un lavoro sul sesso, ma sullo sguardo che, passando attraverso un corpo singolo e soggettivo, vuol essere rilanciato il più possibile come neutro, oggettivo, collettivo, universale. Il fatto di aver preso come riferimento questo quadro che amavo da sempre mi ha dato la possibilità di interpretare un simbolo: la mia idea è quella di uscire dall'immagine muta per poterle dar voce, regalarle un incarnato, un corpo a sè stante per lanciare un dialogo con il pubblico e parlare al mondo e non soltanto viceversa.
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