L’uomo che cammina sospeso nel nulla fra le Torri Gemelle

7 agosto 1974. Il giovane funambolo francese Philippe Petit s’intrufola come un ladro sui tetti del World Trade Center e lotta contro il tempo per tendere un cavo d’acciaio tra le Torri Gemelle. Sospeso a 415 metri d’altezza, resta in bilico per oltre 50 minuti, passeggiando avanti e indietro nel vuoto per ben otto volte, sbeffeggiando la polizia che lo attende a un capo come all’altro, tenendo New York con il naso all’insù e il fiato sospeso. Rifacendosi al libro “To Reach the Clouds”, scritto dallo stesso Philippe Petit, e dalla sua impresa impossibile, Robert Zemeckis compie l’ennesimo miracolo visivo proprio nei 30 minuti che dedica a questa traversata, momento di cinema straordinariamente potente, sequenza capolavoro e capolavoro tecnico di un regista che nel corso dei decenni ha sfidato e battuto limiti tecnologici di ogni tipo.
La storia di “The Walk” è già stata raccontata, benissimo e con successo, dal documentario premio Oscar “Man on Wire - Un uomo tra le Torri” di James Marsh, occasione per far risorgere quel “cuore” della Grande Mela abbattuto l’11 settembre 2001. Quelle Torri Gemelle che per oltre un decennio sono state rispettosamente bandite da qualunque produzione, e che ora giganteggiano, protagoniste assolute, anche nel film di Zemeckis. “The Walk” mette in scena la nascita di un sogno, la sua evoluzione e solo infine la sua realizzazione. Guidato dal suo mentore Papa Rudy (Ben Kingsley), e supportato da un improbabile gruppo di amici e artisti, Petit e la sua gang superano diffidenze, ostacoli, tradimenti e dissensi per portare a compimento il loro folle piano. Il risultato è la favola di un visionario, pazzo e incosciente (interpretato magistralmente da Joseph Gordon-Levitt), la genesi del colpo del secolo, di un’impresa impossibile e senza precedenti. E’ questo e molto altro “The Walk”, impresa anche d’attore, lo stesso di “Sin City – Una donna per uccidere” e “Il cavaliere oscuro – Il ritorno”, considerato dal New York Times “una delle migliori giovani star nel firmamento del cinema indipendente”. Strepitoso e credibile, funambolo con tanto di accento francese, voce narrante dinnanzi a un pubblico incantato dalla sua ossessione. Perché la sua leggendaria camminata sul filo delle Twin Towers è stata soprattutto una meticolosa progettazione, a cui Zemeckis dedica gran parte della pellicola. Il primo passo fra le nuvole viene dopo, ed è capace di incantare. Dopo aver portato ad oltre cento piani di altezza tutto il materiale necessario per rendere quel passo possibile, dopo aver evitato i controlli di sicurezza, dopo aver cercato e trovato tutto il coraggio necessario.
È dunque sulla spettacolarità e sul lirismo di quel gesto che si concentra la pellicola, al pari di “Man on Wire”. Meno attenti allo studio psicologico di chi lo compie, indubbiamente interessati alla questione, molto cinematografica, dell’illegalità di queste traversate clandestine, preparate come si prepara una rapina in banca, con una meticolosità estrema. Il resto è la storia di una visione, di una vocazione, il resto è intrappolato maniacalmente in ogni gesto che compie Joseph Gordon-Levitt, che ha trascorso settimane intere al fianco del vero Petit, prima di iniziare le riprese. Non produce identificazione piena il protagonista (troppo audace, troppo capace), ed è una precisa scelta, è circondato però da una schiera di personaggi di supporto che gli impediscono di cadere, porta d’ingresso del pubblico. E’ comunque credibile, magnetico, in grado di trasportarci in una dimensione parallela, in un’atmosfera quasi da fiaba, voce narrante che si presenta ad apertura di sipario appollaiata sulla testa della Statua della Libertà di New York. Dove vive Petit i sogni sono ancora possibili, trascorre il tempo nello stesso limbo dove vive Robert Zemeckis, creatore di sogni impossibili e artefice di una messa in discussione delle regole basilari del cinema a partire dalle nuove possibilità tecnologiche. “The Walk” è a tutti gli effetti l’ennesimo esperimento, amplia la concezione dello spazio scenico e a effetto domino ripensa al linguaggio. Regala allo stesso tempo un brivido, un respiro, un passo. Un grande pezzo di cinema.
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