Ma chi è Elena Ferrante? Gli studiosi sono sicuri: è Domenico Starnone

di FEDERICA GREGORI
Un mistero che ha un nome, Elena, e un cognome, Ferrante, appassionante come un thriller e sfaccettato come il rompicapo più complesso. Hillary Clinton si dichiara «ipnotizzata» dai suoi romanzi, una star cinematografica come James Franco twitta selfie con i suoi testi in mano. Chi si celi dietro l'ormai celebre pseudonimo non è dato sapere e l'enigma muove vere e proprie indagini di polizia filologica ai lati opposti del globo. Sulle tracce dell'identità della scrittrice fantasma vi è da tempo un gruppo di ricerca italiano, primo a presentare le sue ipotesi in una sede scientifica: e ieri pomeriggio il team che vede un linguista, Michele Cortelazzo, una statistica, Arjuna Tuzzi, insieme a Paolo Nadalutti, tutti dell'Ateneo di Padova, più Stefano Ondelli dell’Università di Trieste, ha svelato alla Scuola Interpreti nuovi tasselli in quello che è il già composito mosaico dei “soliti sospetti”. Chi è realmente Elena Ferrante? Un uomo? Una donna? Un collettivo? Tra confronti stilistici e analisi quantitative, è la più recente e clamorosa indagine patrimoniale di Claudio Gatti sul “Sole”, che la identificava nella traduttrice napoletana Anita Raja dopo un'analisi delle transazioni finanziare erogate dalla casa editrice e/o, a non convincere Cortelazzo e i suoi, in sostanza sempre più convinti che l'analisi porti a lui, Domenico Starnone, il 73enne scrittore napoletano marito della Raja. Si può parlare di prove? Analizzando un corpus di oltre cento romanzi di autori napoletani e campani pubblicati negli ultimi 30 anni, il gruppo è approdato ad alcuni punti fermi, illustrati in maniera dettagliata e argomentata. Calcolando la «distanza intertestuale di Labbè», ha spiegato Tuzzi, si è verificato un forte grado di somiglianza tra testi di Ferrante e Starnone, che «si agganciano» senza ombra di dubbio. «Ma è l'analisi statistica delle corrispondenze lessicali tra scrittrici donne ad averci lasciato più perplessi»: Ferrante risulta completamente isolata dal gruppo femminile, facendo sorgere evidenti dubbi “di genere”. «Esistono strette e numerose affinità lessicali tra i due – ha evidenziato Cortelazzo, che dai metodi quantitativi ha posto l'accento sui qualitativi -: nella letteratura contemporanea nessun altro, ma loro e solo loro, ha parlato ad esempio di “foglio di compensato” o di “argentiera”: anche un termine come “malodore” è utilizzato soltanto da loro due». L'analisi ha toccato anche il tema della memoria involontaria dello scrittore, ma alla fine basta poco per convincersi: il romanzo “incriminato” è sempre “Via Gemito” del 2000, clamorosamente affine a ”L'Amore molesto” del '92, dove le similitudini sembrano davvero “inchiodare” Starnone una volta per tutte.
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