Magris a Torino: «Forte il legame con la Germania»

di Alessandro Mezzena Lona
Più odio che amore, verrebbe da dire. Se guardiamo con un po’ di allegra superficialità i rapporti tra Italia e Germania. Non solo oggi, sia ben chiaro, ma fin dai tempi della Grande guerra, o forse da ancora prima. Eppure, ad analizzare attentamente gli intrecci culturali tra le due nazioni, non si può negare che il Belpaese ha più di un legame, più di un debito nei confronti della cultura germanica.
E proprio questo rapporto di scarsa conoscenza, ma al tempo stretto di strettissima sintonia, che verrà analizzato da Claudio Magris, germanista e scrittore, docente di Letteratura tedesca per lunghi anni nelle università di Torino e di Trieste, autore di libri importanti come “Danubio”, “Microcosmi”, “Un altro mare”, “Alla cieca”, nella lectio magistralis che è stata inserita proprio oggi (alle 16 in Sala Gialla) nella prima giornata del Salone del Libro di Torino, che verrà inaugurato alle 10 alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il titolo contiene in sé già le linee guida dell’intervento: “Un Paese poco conosciuto, una cultura egemone”.
A Torino, di certo, Magris non parlerà del suo nuovo romanzo. Quel “Non luogo a procedere” che uscirà a ottobre per Garzanti, e su cui lui preferisce non dilungarsi troppo. «Mi sembra sbagliato fare tante anticipazioni quando sul libro sto ancora lavorando con gli ultimi ritocchi». Certo è, assicura lo scrittore, che non si tratterà di un legal thriller, genere narrativo a cui il titolo potrebbe rimandare. Conterrà, piuttosto, alcuni dei temi cari all’autore triestino: la guerra, l’eros, il ’900, il mare e, ovviamente, Trieste.
Al Salone del Libro, Magris partirà da un concetto molto chiaro: negli ultimi cent’anni, la cultura tedesca ha avuto un ruolo di assoluto primo piano nei confronti di quella italiana. «Non parlerò tanto della letteratura. Anche se non dobbiamo dimenticare il valore e il successo di alcuni autori del ’900 tedesco: penso, soprattutto, a Günter Grass e a Heinrich Böll, entrambi premiati con il Nobel per la letteratura - spiega lo scrittore -. Mi soffermerò, invece, su quella che potremmo definire egemonia culturale, che forse oggi non c’è più. Ma che in passato è stata lunga e massiccia. Soprattutto per quanto riguarda il pensiero filosofico».
Magris farà riferimento, fin dall’inizio, al grande tributo che deve Benedetto Croce e il suo neo idealismo, tanto influente sul pensiero e sulla cultura italiana, alla filosofia tedesca. «Ma penso all’importanza, anche, di un intellettuale come György Lukács. Non solo quello della maturità, che in Italia abbiamo conosciuto molto prima di scoprire i suoi scritti giovanili. E in ogni caso, proprio lui, con il suo marxismo umanistico, ha avuto un ruolo importantissimo sia nei confronti della Scuola di Francoforte che verso l’esistenzialismo francese».
Parlando della Germania, Magris riporterà alla memoria del pubblico di Torino la figura di un intellettuale triestino dimenticato forse troppo in fretta: Carlo Antoni, giornalista, interventista, nato a Trieste nel 1896 e morto a Roma nel 1959, autore di importanti saggi come “Dallo storicismo alla sociologia”, “La lotta contro la ragione”, “Considerazioni su Hegel e Marx”, “Commento a Croce”. «Già negli anni Trenta - spiega Magris - aveva capito perfettamente tutto il pathos che c’è nella parola tedesca “kultur”. Ed è ovvio che, ripercorrendo la storia dei rapporti tra Germania e Italia, non potrò non ricordare Bertolt Brecht, non solo come grande scrittore, ma anche per la sua visione del teatro come lavoro poetico».
Proseguendo sulle tracce della filosofia, Magris affronterà la riscoperta, in chiave libertaria, di Friedrich Nietzsche. «Non più araldo del superuomo, ma dell’oltreuomo, come suggerisce Gianni Vattimo. Un grande pensatore sempre fuorviante, ma che era riuscito a vedere molto lontano». E nell’intreccio di scambi culturali tra Germania e Italia non potrà mancare Martin Heidegger, «forse l’unico pensatore che continua a incidere, dopo che la filosofia continentale ha ceduto il passo alla cultura logica, neopositivista».
Oggi, un’altra cultura sembra in grado di monopolizzare l’attenzione dell’Italia, ma non solo. «Direi che siamo sempre più legati al mondo anglosassone, con tutte le sue suggestioni - dice Magris -. Però è un rapporto molto diverso rispetto a quello del passato. Manca il pathos delle cose ultime, il senso stesso della vita. Mi sembra che sia tramontata quella cultura che era visione del mondo, insomma, che non si limitava soltanto a confrontarsi con il tempo in cui si vive».
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