Massimo Kaufmann a Trieste, la pittura come viaggio nel proprio tempo

La mostra dedicata a Massimo Kaufmann, visitabile nell’Atrio Monumentale dell’Itis di Trieste fino al 24 febbraio, permette di entrare in contatto con la recente produzione pittorica di una delle più...

La mostra dedicata a Massimo Kaufmann, visitabile nell’Atrio Monumentale dell’Itis di Trieste fino al 24 febbraio, permette di entrare in contatto con la recente produzione pittorica di una delle più rilevanti figure emerse in Italia dalla metà degli anni ’80. La pittura è al centro della ricerca dell’artista milanese, che ha nella sua ampia produzione anche altri strumenti espressivi: dall’installazione, alla scultura, al disegno a macchina da scrivere (un unicum la sua produzione di Capricci in omaggio a Goya).

Ma è la pittura - spiega Riccardo Caldura, docente all’Accademia di Belle arti di Venezia - che è sempre stata, per Kaufmann, il fulcro dal quale dipendevano anche le altre soluzioni. Purchè la pittura vada vista non come un mezzo, ma come uno scopo. Concependola non solo o non tanto per il suo tradursi concretamente in un’attività che a che fare con pennelli, tele, colori, - cosa per la quale non sarebbe distinguibile da un passatempo o da uno svago - ma, scriveva Kaufmann stesso in occasione della personale al Mambo, considerandola piuttosto “una forma di conoscenza della realtà, una traduzione della corporeità”. Una “forma di conoscenza” ha a che fare con il pensare e con una diversa esperienza del vedere, al punto di spingere la pittura stessa all’orlo della invisibilità, così che la superficie acquisisca qualità tattili, quasi un quadro si potesse leggere come un testo in braille. «La cecità, l’invisibile, il vuoto e il nulla sono parole attorno alle quali mi ritrovo a riflette da qualche tempo», scriveva Kaufmann.

Il bisogno di ritrovare la pittura è anche bisogno di ritrovare il proprio tempo. Un lungo viaggio quello di Kaufmann, che non smette di interrogarsi sulle visioni avute da altri grandi artisti del passato, ad esempio il Tiepolo, i cui echi si ritrovano proprio in alcuni dei quadri esposti all’Atrio Monumentale. Il titolo della mostra ha d’altronde un esplicito riferimento all’ultima parte, “Il tempo ritrovato”, del capolavoro di Marcel Proust. I lavori di Kaufmann lasciano affiorare sulla tela il depositarsi e sedimentarsi del tempo fra gli strati del colore. Un tempo che dalla cecità può passare subitaneamente a quelle luminose aperture che si spalancano nel ricordo di altre esperienze artistiche, di altri momenti di vita, di altre ore del giorno. Per questi motivi - conclude Caldura - ci è sembrato coerente l’esposizione fosse il quarto appuntamento del progetto Arca–Arte contemporanea per una comunità attiva, espressamente concepito per l’Itis.

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