Matthias Brandt il figlio trascurato del Cancelliere

Esce “Il bambino e la Luna. Un’infanzia speciale” firmata dal famoso attore della serie Babylon Berlin

Willy Brandt, sindaco di Berlino negli anni della costruzione del Muro e poi Cancelliere tedesco dal 1969 al 1974, fautore di quella Ostpolitik che mirava al riavvicinamento con la Germania orientale e che gli fruttò il Nobel per la pace nel 1971, è stato il politico tedesco forse più importante della seconda metà del Novecento. Lo si vede nelle foto ufficiali, con Nixon oppure con Kennedy, il volto quadrato, due leggere borse sotto gli occhi, il sorriso misurato. Immaginiamo adesso questo uomo di potere, abile e volitivo, mentre tenta di salire su una bicicletta e, raggiunta con sforzo una condizione di equilibrio, provare a fare qualche pedalata con una evidente tensione e alla fine sbandare e ruzzolare in un campo di patate mormorando ‘scheisse’ a denti stretti.

Testimone di un incidente increscioso per lo statista tedesco, il figlio undicenne che, in sella alla sua bici osserva il padre tornarsene a casa in silenziosa irritazione. Lo sguardo del bambino che ha seguito il poco nobile volo del genitore è venato di rammarico al pensiero che forse avrebbe potuto fare qualcosa per evitargli quella figuraccia.

I ricordi d’infanzia di Matthias Brandt, raccolti in “Il bambino e la Luna. Un’infanzia speciale” (Bordeaux edizioni, pagg. 138, euro 14), non sono semplici episodi di vita famigliare, seppure di una famiglia molto particolare, dei primi anni Settanta. Niente a che vedere con il patinato e svagato “Vestivamo alla marinara” di Susanna Agnelli. Qui Brandt dimostra capacità di penetrazione psicologica e restituisce la solitudine di un bambino sfiorato marginalmente dal cono di luce del potere e, come quando entra nel posto di guardia e sfila la pistola dal cassetto per puntarla verso la porta dove si sarebbe affacciato l’agente, è abile a costruire la suspense.

Matthias Brandt è uno degli attori più famosi della Germania ed è un volto noto anche in Italia: in “Babylon Berlin”, la serie tv trasmessa da Sky e ambientata durante la Repubblica di Weimar, impersona il capo della polizia politica, che ha sangue ebreo nelle vene e simpatizza con gli ideali repubblicani. Nel libro sembra quasi di percepire l’inizio della sua vocazione. Quando Matthias capisce che non è tagliato per fare il portiere di calcio, decide di fare come se quella vita agognata fosse possibile. Il nuovo completo da portiere nel quale si ammira somigliante a uno dei suoi idoli non lo renderà più bravo ma almeno, pensa il bambino, lo farà interpretare quella parte.

Nella sua carriera di attore Brandt ha accettato anche un ruolo sintomatico, per chi volesse tentarvi una lettura psicanalitica, come quello di Günter Guillaume, la spia dell'Est che travolse la carriera politica di suo padre. «Mi ha sempre appassionato la figura dello spione: la doppia esistenza, l'avere due forme di lealtà, era leale verso mio padre quanto lo era nei confronti del suo committente, la Ddr», ha detto in un’intervista di qualche mese fa.

Tornando al Matthias da piccolo, la sua biografia ci dice che ha tre fratelli più grandi, ma nel libro non vengono mai nominati; non ha amici, vive nella villa con giardino protetto da uomini armati, senza la libertà di allontanarsi per conto proprio. Il padre è una figura lontana, e se oggi Matthias dice di avere vissuto abbastanza bene con la dimensione pubblica della figura del papà Cancelliere, le pagine del libro rimandano una figura di genitore distante, lontano anche quando presente.

Il bambino cresce in una dimensione speciale, in cui anche una semplice giornata alle giostre diventa un affare di stato. Il corteo di auto che fende la gente comune e porta il bambino davanti alle attrazioni, il giro sulla ruota, la lotteria dove immancabilmente viene premiato, tutto avviene al solo beneficio degli scatti dei fotografi che vogliono ritrarre il Cancelliere e la sua famiglia.

Le molte ore passate da solo, a guardare alla tv la discesa del primo uomo sulla luna, o a collezionare francobolli non sembrano però farne un bambino infelice, i viaggi con la madre in Norvegia sono giorni attesi e felici. Resta il desiderio inevaso di un figlio che reclama dal proprio padre attenzione, affetto e partecipazione. Così diventa memorabile l’ingresso di soppiatto nello studio, lo stupore reciproco nel ritrovarsi accanto, la timida richiesta di una lettura ad alta voce. E l’abbandonarsi al sonno è un istante pieno di felicità.

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