Maurizio Lastrico parla strano con gli endecasillabi di Dante

Si apre questa sera alle 20.30 al Teatro Bobbio il Circuito Comici della Contrada. In scena, per una sola data, Maurizio Lastrico con il suo "Quello che parla strano", una collezione dei migliori pezzi del suo repertorio, che ha come punto di forza la sperimentazione linguistica. Diplomato nel 2006 alla Scuola di recitazione dello Stabile di Genova, Lastrico è attore teatrale e autore. Impegnato in interpretazioni attoriali di classici, da Shakespeare a Moliére, da Goldoni a Tolstoj, dal 2010 fa parte del cast di "Zelig" su Canale 5, dove si è fatto notare come narratore di storie condensate ma soprattutto attraverso i suoi celebri endecasillabi danteschi, che mescolano toni e argomenti, creando un gioco comico di grande impatto.
Come presenterebbe "Quello che parla strano"
«Come il meglio delle invenzioni che ho fatto fino adesso, una sorta di excursus della mia produzione, con l'aggiunta del piacere di essere in una sala teatrale, al di fuori di certi ritmi televisivi».
Qual è il vantaggio?
«A teatro succede spesso che ci siano interventi del pubblico e quindi interazioni: ciò dà una vita e una dimensione molto forte allo spettacolo stesso».
Dov'è nata l'idea degli endecasillabi?
«Alla scuola di recitazione, quando stavo facendo Dante. Una notte ho scritto di un incontro con un punkabbestia in maniera epicizzata. L'ho presentato a degli autori tv e da lì è nato tutto. Avevo sottovalutato il fatto che il capolavoro dantesco fosse così condivisibile. Inoltre è un terreno molto fertile per creare neologismi e sperimentare».
Un pentagramma su cui costruire storie di incidenti quotidiani...
«Molti spunti mi vengono proprio dalle persone comuni e dai personaggi che pullulano in una città come Genova. Mi ispirano le persone che usano l'umorismo come espressione comunicativa quotidiana, lontano dai riflettori, quindi con grande spontaneità e notevole effetto».
Nel 2011 è uscito il suo primo libro, "Nel mezzo del casin di nostra vita" (Mondadori). Ma in realtà lei scrive testi continuamente.
«Sì, è un lavoro creativo che sviluppo anche col supporto di alcuni collaboratori e che, facendo cabaret, ho la possibilità di testare quasi subito sul palcoscenico».
Quali sono i progetti per il futuro?
«Ora sono proiettato alla crescita di questo spettacolo, a esplorare nuovi terreni da un punto di vista più drammaturgico che letterario. Sento che è questo il fine ultimo di ciò che faccio: trasferire le idee e i pensieri che ho a un pubblico, condividendo le emozioni che nascono e l'amosfera che si crea».
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