Mazzucato: «Al Cavallino Bianco ci sarà il lusso dei nostri personaggi»

Spumeggiante finale per ‘TriesteOperettaFestival’ che chiude la rassegna al Castello di San Giusto con le due rappresentazioni – domani e, in replica, domenica alle 21 - de “Al Cavallino Bianco” di Benatzky/Stolz/Gilbert/Granichstaedten nella riduzione scenica in due atti di Andrea Binetti e con la collaborazione della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste. Ambientata in uno degli alberghi più famosi al mondo, sul lago di San Wolfango nel Salzkammergut, l’allegra vicenda amorosa vede interpreti Daniela Mazzucato, Andrea Binetti, Ilaria Zanetti, Mathia Neglia, Marzia Postogna, Alessio Colautti, Gualtiero Giorgini, Julian Sgherla, Elisabetta Vegliach, Roberto Berni, Serena Arnò, Irene Lo Faro, Francesco Cozzi, Giulio Gessi, con la Fvg Orchestra diretta da Romolo Gessi, maestro del coro Petra Grassi, coreografie di Cler Bosco e regia di Andrea Binetti.
Composto nel 1930, il Cavallino è un lavoro molto particolare perché segna un po’ il passaggio dall’operetta classica mitteleuropea a quella che sarà la commedia musicale e il successivo musical, con inserti jazz e molti ritmi sincopati. «La regia è tradizionale, fedele a libretto e spartito e, per motivi di sicurezza, la scenografia è giocoforza orizzontale, molto basilare e scarna ma elegante e funzionale a ricostruire la famosa stanza n.4 col balcone, contesa per tutto il primo atto da Bellati e Pesamenole – spiega Andrea Binetti –. Ci sarà la proiezione di alcune immagini del vero hotel austriaco come ausilio scenografico e poi i costumi gentilmente prestatici dal Teatro Verdi sono davvero bellissimi. Il cast vocale è di tutto rispetto e sul versante della recitazione, tenendo conto della sua capacità straordinaria di usare i toni molto acuti, ho suggerito a Gualtiero Giorgini di sottolineare la comicità del veneziano Zanetto Pesamenole con la cifra rievocativa e il gusto della maldobria locale. L’allestimento non è sontuoso ma nella ricchezza dello spirito e nella nostra voglia di esserci il pubblico ritroverà l’allegria e lo spirito vero del Cavallino».
Tra gli interpreti, rigorosamente triestini per volere di Comune e Regione allo scopo di aiutare gli artisti cittadini penalizzati dalla pandemia, brilla sempre luminosa la stella di Daniela Mazzucato, indiscussa regina della piccola lirica, «felice di ritornare sul palcoscenico e comunicare di nuovo con il pubblico e con i colleghi, e di riprendere la routine di un lavoro gioioso e gratificante». Nuovamente Gioseffa Vogelhuber a distanza di 10 anni dall’ultima edizione al Teatro Verdi, Mazzucato confida di provare un grande senso di responsabilità perché «l’ostessa non è una soubrette ma si tratta di un personaggio forte, che ha un suo peso nello spettacolo, non è una ragazza ma una donna a tuttotondo, che si atteggia a dura ma che, sotto sotto, si diverte a tormentare il povero Leopoldo. E anche vocalmente – spiega il soprano – presenta una tessitura apparentemente comoda ma, in realtà, necessita di un bel centro sostenuto e di una maggiore intensità di suono. Questo Cavallino sarà uno spettacolo semplice, perciò dobbiamo essere noi interpreti a riempire la scena e colmare le mancanze oggettive e se mancherà il lusso dell’operetta dovremo trovare il lusso dei personaggi».
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