Melania Mazzucco e il suo Tintoretto il pittore outsider di artisti e intellettuali

La scrittrice martedì aprirà l’Aquileia Film Festival con il suo film documentario dedicato all’artista veneziano
06/04/2019 Venezia, Festival Internazionale di letteratura Incroci di Civilta', la scrittrice Melania Gaia Mazzucco
06/04/2019 Venezia, Festival Internazionale di letteratura Incroci di Civilta', la scrittrice Melania Gaia Mazzucco



Apre con uno sguardo a un gigante della storia dell’arte la decima edizione dell’Aquileia Film Festival. Alle 21 di martedì, nella piazza della Basilica dei Patriarchi, taglio del nastro della rassegna con la proiezione di “Tintoretto. Un ribelle e Venezia”, film-documentario scritto e ideato da Melania G. Mazzucco, già autrice di un romanzo (“La lunga attesa dell’angelo”, Rizzoli 2008) e di una corposa biografia dell’artista (“Jacomo Tintoretto e i suoi figli”, Rizzoli 2015). La voce narrante del film è di Stefano Accorsi.

Per l’occasione, la scrittrice, già vincitrice del Premio Strega nel 2003 con “Vita”, converserà con il direttore di Sky Arte, Roberto Pisoni.

Signora Mazzucco, perché tanto interesse per Tintoretto?

«L’incontro con lui è stato amore a prima vista. Parecchi anni fa sono entrata nella Chiesa della Madonna dell’Orto a Venezia dove ho visto uno dei suoi quadri: “La presentazione di Maria al tempio”. Sapevo poco di Tintoretto, un po’ come tutti i non veneziani».

Poi, cos’è successo?

«Mi ha sempre più colpito per il modo di dipingere. Ho capito che valesse molto di più rispetto a quanto afferma il canone artistico italiano, da Vasari a Longhi. Per me era il numero uno. Alla sua vita sono arrivata in un secondo tempo».

Della sua biografia, che cosa l’ha colpita?

«Mi ha molto affascinato il suo animo ribelle, il suo essere un outsider sempre in lotta con qualcuno per affermare se stesso. Al tempo stesso mi sono accorta che c’erano tanti studi importanti sulla sua arte, ma non era stato approfondito l’uomo. Così ho cominciato a scrivere il romanzo su di lui, “La lunga attesa dell’angelo”, e la sua biografia. Grazie a questi lavori, essere riuscita a portare a Venezia, sulle sue tracce, tanti amanti della pittura che, come me, lo conoscevano poco, ha rappresentato la mia più bella soddisfazione di scrittrice. Peraltro, Tintoretto non lo incontri nei grandi musei del mondo: lo devi andare a cercare a Venezia, dove è vero che la Scuola Grande di San Rocco è la sua Cappella Sistina, è vero che c’è Palazzo Ducale con l’immensa tela del “Paradiso”, ma è anche vero che ci sono molti lavori nelle chiese che, appunto, devi proprio andare a cercare per conoscerlo meglio».

Tintoretto per lei è ancora il numero uno?

«Lo considero il mio maestro».

Anche David Bowie lo amava…

«È stato il pittore di molti scrittori, di molti artisti, che lo hanno apprezzato più degli storici dell’arte, degli accademici, dei critici. E se i suoi colleghi non lo avevano capito, altri pittori, penso a Manet, Vedova, Kiefer, si sono confrontati con lui. È come se gli artisti avessero colto e amato tutto il suo vulcano creativo, la libertà che ha saputo prendersi con il pennello. E poi Tintoretto è stato apprezzato anche dai filosofi, penso a Jean-Paul Sartre. Insomma, non è stato solo il mio maestro: sono in buona compagnia».

Il suo ultimo libro, “Io sono con te. Storia di Brigitte”, è tuttavia immerso nell’attualità. Preferisce confrontarsi con il passato o con il presente?

«Sono le mie due anime e accompagnano tutta la mia scrittura. I miei progetti artistici, come quello nato una ventina di anni fa e che presto vedrà la luce (posso solo dire che è un lavoro di ricostruzione di un personaggio realmente esistito), richiedono molto tempo per venir realizzati. Ma vivo pur sempre nel presente e sono coinvolta dai cambiamenti dell’Italia, mi interessa raccontarli. Non voglio solo voltarmi indietro».

Lei è presidente del Comitato direttivo del Premio Strega. Come valuta la vittoria di Scurati con “M”?

«È un romanzo molto potente: affronta in maniera innovativa la nostra storia, il fantasma di Mussolini, grande rimosso e grande presente nell’immaginario degli italiani. Quando l’ho letto ho pensato che avrebbe colpito: è il libro giusto al momento giusto. Insomma, non sono stata sorpresa dalla vittoria. Comunque, quest’anno è stata davvero una bella cinquina di finalisti. Si è dimostrato che la narrativa può essere davvero tante cose».

Il libro di Scurati, però, di inesattezze storiche ne contiene più di qualcuna…

«Nei libri di inesattezze ce ne sono sempre, anche nei volumi accademici più approfonditi. Chi fa ricerca sa che la svista è perennemente in agguato. È giusto che si usi la matita rossa per le correzioni, ma non mi sembra il criterio più adatto per valutare la qualità di un lavoro. Anzi, più c’è ricerca e più ci sono errori». —



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