Metternich, conservatore dell’armonia

Luigi Mascilli Migliorini rilegge l’opera e la vita dello statista

È considerato il fondatore della realpolitik, l’emblema del conservatorismo, l’uomo-simbolo dell’abilità diplomatica, il restauratore per eccellenza. Ma chi era veramente Klemens Wenzel Nepomuk Lothar von Metternich-Winneburg-Beilstein, meglio noto come il principe di Metternich? Un grande diplomatico, certo, ma soprattutto un uomo, un politico, che cercava l’armonia e l’equilibrio fra gli Stati, risponde Luigi Mascilli Migliorini, uno dei maggiori storici contemporanei, nel suo “Metternich” (Salerno Editrice, pagg. 429, euro 25,00), articolata biografia dell’artefice dell’Europa nata dal Congresso di Vienna, come recita il sottotitolo.

Metternich, dice Migliorini, figlio del suo tempo, illuminista e razionale, coltissimo e raffinatissimo, non era un oscurantista reazionario, strenuo difensore dell’ordine costituito, ma uno statista che credeva nella “forza del diritto”, e che guardava al futuro e non al passato. «L’armonia quindi - scrive Migliorini - per gli uomini come lui nati tra due straordinari secoli, è davanti agli occhi, non alle proprie spalle. È una conquista, non un’eredità».

Amaro destino, quello di Metternich, che aveva sconfitto il suo grande nemico, Napoleone, visto sempre come un parveneu, ma senza il quale «l’armonia del principe (...) prende colori e forme del Biedermeier, del gusto artistico del suo tempo, aspirazione alla normalità piccolo-borghese che assale Vienna e l’Europa dopo il 1815, da cui egli è certo lontano, ma al quale è esposto non appena egli abbandona il confronto agonistico con il proprio avversario». Amaro destino perché nonostante l'impegno di Metternich a mantenere gli equilibri raggiunti con la Restaurazione, e di difendere i diritti delle monarchie e degli imperi in contrasto con i nascenti sentimenti democratici dell'epoca, furono proprio i moti del 1848 a decretare la sua fine politica. Metternich capì che il mondo che si stava delineando mentre lui camminava sulla via del tramonto, sarebbe stato un mondo senza più equilibrio, teso a un ordine nuovo edificato su principi “disarmonici”, un mondo che avrebbe travolto l’Austria e cambiato il volto dell’Europa.

Metternich morì pochi giorni dopo la battaglia di Magenta del 4 giugno 1859, ricordata come il primo scontro che diede inizio al processo di unificazione dell'Italia, processo che in tre anni di campagne militari condotte dai franco-piemontesi porterà alla riunione degli stati della penisola sotto il dominio dei Savoia. Metternich spirò l’11 giugno, intorno a mezzogiorno, «ma - scrive Migliorini - tutti i testimoni ricordano di averlo visto svenire, qualche giorno prima, il 5, alla notizia della sconfitta di Magneta». Il suo mondo, teso a un’armonia che non era un guardare indietro ma un guardare avanti, si stava disgregando con un’evidenza più lancinante di quel 13 marzo 1848 quando, dopo essere stato costretto a dimettersi, rientrò a casa dicendo a sua moglie: «Sì, mia cara, siamo morti».

Pietro Spirito

Riproduzione riservata © Il Piccolo