Milena Vukotic: «Il mio bisnonno era il pope della chiesa di Cattaro»

Al “Bobbio” l’attrice protagonista da questa sera di “Autunno di fuoco” con Maximilian Nisi, piéce prodotta dalla Contrada da un testo di Eric Coble



“The Velocity of Autumn” di Eric Coble era in cartellone, nel 2013, a Broadway. Grazie a Maximilian Nisi la commedia è approdata in Italia con il titolo “Autunno di fuoco”, in una messinscena del regista Marcello Cotugno che la Contrada ha prodotto con entusiasmo perché protagonista, assieme all’attore, sarebbe stata la grande Milena Vukotic. Lo spettacolo, che ha avuto un debutto estivo al Festival Teatrale di Borgio Verezzi, andrà in scena al Teatro Bobbio stasera alle 20.30, con repliche fino al 14 novembre. Ma sarà anche il 7 novembre all’auditorium Biagio Marin di Grado, l’8 novembre all’auditorium alla Fratta di San Daniele e il 27 novembre al Nuovo Teatro Comunale di Gradisca. Le scene sono di Luigi Ferrigno, i costumi di Andrea Stanisci.

L’adattamento del testo di Eric Coble - nato in Scozia, a Edimburgo, e cresciuto in una riserva Navajo nel New Messico (ora vive nell’Ohio) - è stato curato da Marco Casazza.

«Sono felicissima di lavorare con Maximilian Nisi, - dice Milena Vukotic - un compagno di viaggio veramente eccezionale. Il testo è abbastanza insolito, in quanto è un dialogo fra una madre e un figlio che non si vedono da vent’anni. La madre è vecchia, però con uno spirito giovanissimo, forse più giovane di quello del figlio. È una ex hippy, una pittrice, proprietaria di un palazzo a Brooklyn. Gli altri due figli vorrebbero che andasse in una casa di riposo. E nasce il conflitto. Lei si è barricata con delle bombe molotov, e l’unico elemento che rende possibile raggiungerla è un albero in mezzo al suo loft con una finestra intorno».

L’autunno di fuoco è dunque uno stato d’animo?

«Si parla delle bombe molotov, del fuoco, dei colori di questo albero che sembra in fiamme. È lei, Alexandra, che vibra attraverso un sentimento dominato soprattutto dall’amore per l’arte. Infatti dopo gli scontri iniziali con questo suo figlio più piccolo, l’unico col quale si ritrovava, ripensano a quando andavano per musei. E anche se fuori c’è la polizia che l’aspetta per portarla in una casa di riposo, decide che ha voglia di bellezza».

Il suo sguardo sulla vita ha affinità con quello di Alexandra?

«È uno sguardo che io mi impongo all’insegna della bellezza, della bontà, della serenità verso le persone. Povera Italia che in questo momento subisce molte più critiche del solito, su tutti i fronti, e mi sembra ingiusto. Non si parla mai delle cose magnifiche che esistono qui, a prescindere dai valori artistici che pullulano da tutte le parti. Questo io lo sento molto profondamente, e l’ho sempre sentito».

Ha lavorato anche sul set?

«Quest’estate ho partecipato alle riprese di “Ride”, film d’esordio alla regia di Valerio Mastandrea, che andrà al Torino Film Festival. La protagonista è Chiara Martegiani, un’attrice bravissima».

È mai stata nella terra di suo padre, il Montenegro?

«Sì, certo. Mio padre lì è sepolto. Ho un bisnonno che era un pope ortodosso, capo della chiesa di Cattaro. Un pope terribile, aveva cacciato dalla famiglia un figlio che voleva fare l’attore. Il quale diventò poi famosissimo, ma è morto giovane di tubercolosi e il padre non andò al suo funerale. La regina del Montenegro si chiamava Milena Vukotic. Sono tutti piccoli eventi della vita, fanno colore. Il Montenegro è una terra bellissima, con una natura forte».

Come si erano conosciuti suo padre e sua madre?

«Papà era venuto a Roma per studiare e ha incontrato mia mamma, allieva di Respighi al Conservatorio. Con mia mamma ho avuto un rapporto unico e profondissimo. Non saprei bene spiegarlo, era il centro della mia vita. A due mesi era rimasta orfana, perché la nonna Gemma e Fausto, l’uomo che ha sposato, sono morti in Brasile per un’epidemia di febbre gialla. La mamma ha voluto chiamare me Milena Fausta Gemma».

Perché una casa a Venezia?

«È una piccola casa, ma preziosissima e molto amata da me. Poi ho anche degli amici a Venezia, e ogni volta che è possibile starci due o tre giorni, è comunque un sogno. Camminando si sente sempre il passo delle persone, oltre alle voci… Venezia è piena di sorprese, di mistero, di cose meravigliose». —





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