“Mille occhi” all’insegna del “gotico errante”

La 16.a edizione della rassegna cinematografica è stata aperta ieri al Teatro Miela con Seth Holt
TRIESTE. Sotto il segno del “gotico errante” Seth Holt, figura “maledetta” del cinema britannico degli anni Sessanta, si è inaugurata ieri, al Teatro Miela, la sedicesima edizione del Festival “I Mille Occhi”, intitolata “Eros e Priapo” in un ideale omaggio alla figura e all’opera di Carlo Emilio Gadda.


Il suo primo film, “Nowhere to Go” (1958), inserito all’interno di una sezione dedicata alla riscoperta della produzione in “noir” del regista inglese, ha dato ufficialmente il via alla manifestazione diretta e “messa in scena” da Sergio M. Grmk Germani che, nei prossimi giorni, fino al 21 settembre, permetterà di ampliare gli orizzonti della conoscenza della settima arte attraverso multiformi e pluridirezionali percorsi di navigazione che oltrepassano generi, epoche e territori diversi.


Ospite d’onore della serata inaugurale Roger Fritz (che si tratterrà a Trieste anche per i prossimi giorni), regista tedesco già assistente di Visconti e Fellini, nonché autore di una serie di “action” dal sapore tarantiniano, che il Festival omaggia quest’anno attraverso la prima personale internazionale a lui dedicata, curata dai suoi massimi conoscitori Christoph Draxtra e Gary Vanisian.


Dopo l’ottima partenza, ricco anche il programma di oggi che prevede un affettuoso omaggio a Luce Vigo, figlia del grande Jean ospite de I Mille Occhi nel 2002, alla quale è dedicata la presente edizione della manifestazione. Due documentari “Crossing Paths with Luce Vigo” di Jem Cohen (2010) e “Luce, à propos de Jean Vigo” di Leïla Férault – Levy (2016), la racconteranno attraverso la sua voce e i suoi ricordi, alternati ad alcuni frammenti degli indimenticabili “À propos de Nice”, “Zéro de conduit”, “L’Atalante”. A seguire, a partire dalle 16.30, si assisterà al primo degli appuntamenti curati da Mila Lazić tesi a scandagliare i rapporti di reciproca influenza tra le avanguardie serba e croata. Ma è in prima serata, intorno alle ore 21, che sfidando qualsiasi convenzione di “political correctness”, Germani decide di calare il suo asso dando appuntamento al pubblico di curiosi e cinefili con il tassello più hardcore dell’intero programma. Tra le rarità fatte riemergere dall’oblio, infatti, grazie al certosino lavoro di ricerca dell’infaticabile Simone Starace, spunta il film a luci rosse firmato dal maestro del New Horror Wes Craven, che si cela dietro allo pseudonimo biblico Abe Snake.


Realizzato tre anni dopo “L’ultima casa a sinistra” e anticipando di due il successivo “Le colline hanno gli occhi”, “The Firework Woman” (1975) sarà proiettato in 35mm nella versione estesa italiana, la più completa esistente e con doppiaggio originale dell’epoca, circolata nel 1980 con il titolo “La cugina del prete”.


Sarà davvero curioso notare come la pellicola, un “porno” in piena regola, completo di un vasto repertorio di pratiche erotiche, contenga in nuce elementi tematici e visivi che faranno parte della filmografia più compiuta di Craven, anticipandone la portata eversiva.


Che si tratti di sesso esplicito, o di violenza esibita nei minimi particolari, infatti, il regista della saga di “Nightmare” (che qui ci mette la faccia in un cameo in cui veste i panni del sinistro “uomo dei fuochi d’artificio” o “uomo col cilindro”, il “Destino” o più semplicemente il “Diavolo”) mira sempre e comunque a destabilizzare la parte più bigotta della società americana. E attraverso Il delirio erotico-sentimentale di Angela (la porno star dell’epoca Jennifer Jordan) e Peter (Eric Edwards), fratelli amanti nella versione originale, solo cugini in quella italiana, abbatte definitivamente qualsiasi tabù. Grazie a “I Mille Occhi” riscopriamo su grande schermo un hard “politico” in cui sesso e religione si mescolano a sinistre inquietudini, inaspettato romanticismo e dosi massicce di ironia.


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