Mio nonno Totò principe della vita

Elena Alessandra de Curtis, nipote dell’attore

Un po’gli somiglia, nei tratti del mento, nello sguardo, ma soprattutto per quel gobbetto a forma di corno anti-jella che porta al collo. Del resto Elena Alessandra Anticoli de Curtis, nipote di Totò, è ben consapevole di essere l’erede di un personaggio che ha segnato e continua a segnare l’immaginario dell’Italia da Nord a Sud: un attore, e un uomo, che ha saputo interpretare come pochi altri carattere e anima profonda degli italiani. E lei, la nipote, questa eredità culturale l’ha raccolta e la coltiva attraverso l’Associazione Antonio de Curtis-in arte Totò, che ha lo scopo di raccogliere, studiare, catalogare e organizzare in un futuro museo il lascito umano e artistico del Principe della risata a cinquant’anni dalla sua morte, prendendo il testimone lasciato dalla madre, Liliana De Curtis, con la quale oggi Elena vive a Roma.

Ieri Elena de Curtis ha raccontato di sé e di suo nonno in un affollato incontro, tra gli ultimi in calendario per èStoria, assieme a Virginia Falconetti e Gian Paolo Polesini. È stata l’occasione per vedere come la figura e l’opera di Totò siano più che mai vivi nell’animo degli italiani.

E dire che lei in Italia è arrivata relativamente tardi.

«Sono nata in Sudafrica nel 1969 - risponde Elena Alessandra Anticoli de Curtis - dove mia madre per così dire si rifugiò dopo essere rimasta molto segnata dalla morte di nonno. Sono arrivata in Italia solo nel 1987, ma la figura di mio nonno è sempre stata presente, nei racconti di mia madre e poi, quando mi sono stabilita a Roma, in quelli di mia nonna, Diana Bandini. Che fossi la nipote di un uomo famoso l’ho sempre saputo, ma da giovani non si dà molto peso a queste cose».

Da piccola, quando era in Sudafrica, guardava i film di Totò?

«Certo. In particolare ho amato molto “Miseria e nobiltà” e la “Banda degli onesti”, due film che mi hanno segnata, perché lì c’è tutto il pensiero di mio nonno. Ecco, guardi, questa la porto sempre con me. (mostra una banconota da diecimila lire falsa come quelle del film, ndr

Totò continua a nutrire l’immaginario degli italiani. È una bella responsabilità raccogliere la sua eredità.

«Ne sono ben consapevole. Quello che posso fare oggi è soprattutto tirare fuori l’uomo dalla maschera. C’è un Totò-pensiero che non è stato abbastanza indagato, una visione della vita profonda che Antonio De Curtis aveva ben al di là della maschera di Totò. Pensiamo al monologo siamo uomini o caporali, il suo significato rispetto alla disobbedienza civile. C’è un forte messaggio etico».

Cosa rimane dell’archivio di Totò?

«Manoscritti, spartiti, i nastri registrati con le sue canzoni e le poesie lette, alcuni oggetti. Ci sono quattro poesie inedite che confluiranno in una nuova edizione critica della raccolta “A’livella”, e abbiamo da poco acquisito l’atto originale in cui il marchese De Curtis riconobbe la paternità di Antonio».

Lei è superstiziosa?

«Molto, questo è un inevitabile tratto di famiglia. Mia madre ha un comò con le foto dei parenti morti, e ci parla. Se loro non rispondono gira la foto».

È rimasta proverbiale la gelosia di Antonio De Curtis. Anche questo è un tratto ereditario?

«Sì, era geloso anche perché molto protettivo, e anche mia madre lo è stata con me, non mi lasciava mai».

Cosa la sorprende di più della figura di Totò?

«Il fatto che nella sua vita sia stato sempre molto sofferente, nonostante il successo. All’inizio la sua era stata una vita di stenti, questo l’aveva segnato, lasciandogli un’anima molto sensibile e per certi versi fragile. Ogni sua risata nasceva da una lacrima».

Anche al tempo dei suoi film più popolari la critica era sempre stata poco generosa. Solo ora Totò viene riconosciuto come uno dei più grandi artisti del Novecento.

«Soffriva molto per questo, anche se lui stesso non credeva nei film che girava. Si faceva pagare a forfait, pochi maledetti e subito, e questo ha creato e crea problemi nel riconoscimento dei diritti. Per lui fu una grande occasione essere diretto da Pasolini, fu forse la sola volta che si lasciò dirigere senza improvvisare come faceva sempre. E fu molto dispiaciuto di non riuscire a girare con Fellini».

Com’è il suo rapporto con Napoli, e con i tantissimi fan club di Totò?

«Di enorme affetto, a volte anche esagerato. Ricevo tantissimi omaggi, è straordinario constatare come Totò sia ancora così vivo e amato».

Pietro Spirito

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