“Morti di fama” sul red carpet

Gaetano Savatteri ambienta al Lido il suo ultimo libro, “La fabbrica delle stelle”

Il cinema, Venezia, la luna. Dentro questo paesaggio si muove il siciliano Saverio Lamanna, uscito dalla penna di Gaetano Savatteri, giornalista e scrittore. Ma niente paura, nulla di così romantico.

Anzi "La fabbrica delle stelle" (Sellerio, pag. 294, euro 14,00) è una vera provocazione, sia alle stelle del cinema che a quelle più sdolcinate della volta veneziana. E lo scrittore-detective di Savatteri è all'altezza del climax, per satira e brillantezza, complice uno staff di personaggi che primeggiano per simpatia e originalità.

In realtà Lamanna pare un ossessionato dalla vita, ma fornito delle armi giuste per aggredirla. Beffardo. Satirico. Fascinoso.

Com'è nato il personaggio? «Da alcuni precedenti racconti, fino a divenire un romanzo», risponde l'autore. «Lamanna forse è rappresentativo di una generazione, quella dei quarantenni, una generazione disillusa e che per sopravvivere usa alcuni strumenti, tra cui appunto l'ironia».

Protagonista del romanzo è anche il Festival del cinema di Venezia, fabbrica di stelle e spettacolo. Che ne pensa dell'ultimo scandaletto da red carpet delle modelle Giulia Salemi e Dayane Mello?

«Bisogna vedere quanto la parte di pelle scoperta renderà in futuro, se la notorietà resterà in piedi per tre giorni o per alcuni anni. Sinceramente quello che mi dà noia è il tipo di attenzione che riscontra una vicenda del genere, tutti possono esprimere il loro giudizio, certo, ma farla diventare una crociata moralista o anti moralista mi pare esagerato».

L'abilità della sua trama evidenzia comunque come siamo tutti stritolati da questi meccanismi, cioè siamo tutti un po' "morti di fama"…

«Siamo tutti in un mondo che vuole comunicare qualcosa, soprattutto chi ha poco da comunicare. Io ho incontrato addirittura un macellaio che aveva un ufficio stampa. Tutti sono inclini a dire che il favoloso mondo del cinema ormai è tramontato. Ma le dirò, tra le tante stelle e stelline che popolano il mondo dei social, il cinema conserva ancora qualcosa di bello. Ancora in grado di farci sognare».

Il suo è un giallo letterario senza esserlo, destrutturante e controcorrente. Forse c'è anche una velata critica al descrittivismo esangue di tanta narrativa italiana?

«Pirandello diceva sempre: ci sono gli scrittori di cose e gli scrittori di parole. Per come sono fatto, per il mestiere che pratico e forse anche perché provengo da quell'estremo Sud dove prima del neo realismo c'era il realismo, io sono uno scrittore di cose, fatti, storie. Le parole le lascio a chi le sa usare bene».

Lamanna è un personaggio vincente, ma anche il coprotagonista Piccionello che pare un Forrest Gump dall'involontario successo.

«Lamanna è un post moderno, uno che ha attraversato la modernità e ne è rimasto deluso. Piccionello è un pre moderno e quindi arriva alla modernità e non ne rimane distaccato perché la guarda dall'esterno, da un altro tempo, forse addirittura un tempo antichissimo. Piccionello rappresenta tante persone che vivono in Italia, soprattutto nelle piccole province e che guardano alla metropoli, allo spettacolo con un occhio più distante, talvolta anche obliquo che gli permette di ristabilire il giusto rapporto tra la finzione e la realtà».

C'è una notevole vena provocatoria. Nella trama viene a galla un femminicidio, salvo poi scoprire che l'assassino non è un uomo.

«È un termine davvero brutto, utile perché dà un'identità al fenomeno. Noi giornalisti tendiamo ad affezionarci alle formule e se ci piacciono percorriamo quel filone fino a banalizzarlo. In questo senso forse l'intenzione era proprio una sorta di suggerimento a non cadere nel luogo comune. Lamanna è un tipo che gioca dentro e fuori i luoghi comuni, ci dice come talvolta pensiamo a soluzioni semplici mentre la realtà è più complicata».

È già a caccia di un nuovo caso?

«I segnali sono stati positivi, quindi sì, mi sto organizzando per una nuova avventura, che si svolgerà in Sicilia o in un'altra regione, d'altra parte mi sono divertito molto con Venezia, per la sua bellezza ma anche per i luoghi comuni sulla sua bellezza».

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