Musici di Guccini a Cervignano «Come lui non c’è più nessuno»

Domani alle 21 al Teatro Pasolini di Cervignano arrivano i Musici di Guccini, per un concerto organizzato da Euritmica. Dopo il ritiro dalle scene del “maestrone modenese” la sua band continua a...

Domani alle 21 al Teatro Pasolini di Cervignano arrivano i Musici di Guccini, per un concerto organizzato da Euritmica. Dopo il ritiro dalle scene del “maestrone modenese” la sua band continua a proporre i classici “Il vecchio e il bambino”, “La Locomotiva”, “L’avvelenata”, “Dio è morto”, “Noi non ci saremo”, “Canzone per un’amica”, “Cirano”, con le chitarre e la voce di Juan Carlos “Flaco” Biondini, il pianoforte di Vice Tempera, il sax di Antonio Marangolo, il basso di Pierluigi Mingotti, la batteria di Ivano Zanotti. «Già un po’ prima del suo abbandono avevamo pensato di continuare come gruppo - dice Biondini - perché noi oltre ai concerti facevamo tutta la produzione dei dischi, perciò ci sono molte cose che ci appartengono, che abbiamo firmato insieme, gli arrangiamenti sono nostri, io ho duettato in qualche pezzo con lui… C’è una buona parte di “proprietà” per quanto riguarda la musica. Qualcuno lo avrebbe fatto comunque, ma chi più di noi, band storica di Francesco, poteva continuare il discorso?».

Il pubblico?

«All’inizio era un po’ perplesso, si aspettava di sentire Francesco. Alla voce c’era Danilo Sacco, ex cantante dei Nomadi. Poi hanno chiesto a me ed è una grande responsabilità. Ho accettato la sfida. Guccini sembra semplice da cantare ma non è così, ci sono tante parole, melodie, sforzi vocali. Adesso il pubblico comincia ad abituarsi».

La scaletta?

«Sta piacendo molto. Cerchiamo di accontentare il pubblico, che si diverte, canta; i classici ci vengono richiesti. Però non finiamo con “La Locomotiva” come faceva sempre Francesco, noi la eseguiamo a metà concerto».

Il maestro vi segue?

«Si muove con fatica. È venuto comunque a sentirci, abbiamo anche condiviso il palco, lui veniva intervistato e noi chiudevamo la serata con una decina di canzoni».

È in Italia dal 1974, cosa le resta delle sue radici?

«Delle mie origini argentine ho mantenuto soprattutto la musica, il folklore, il tango, il pop. Ma mi sento italiano. L’Italia con me è stata generosa e ora i miei affetti sono qua».

Lei ha collaborato con tanti artisti, anche con l’istriano Sergio Endrigo.

«Ne ho un bellissimo ricordo, ci siamo conosciuti per il disco “… e noi Amiamoci” prodotto da Sergio Bardotti nel 1981, abbiamo registrato a Modena. Una persona squisita. Tutte le volte che mi vedeva mi diceva: “Tu sei l’unico”. E intendeva: “L’unico argentino simpatico che ho conosciuto”. Ci scherzava perché una volta lui e Bardotti erano stati trattenuti in Argentina per una questione di passaporti ed erano stati trattati maluccio, nonostante all’epoca fosse piuttosto conosciuto anche lì».

Sanremo?

«Le canzoni sono sempre quelle. Le devi sentire tante volte perché ti entrino. Sono rari i capolavori al primo ascolto».

Ci sono eredi di Guccini?

«No. La vecchia guardia aveva altri parametri, un’altra cultura. Guccini, oltre l’università, si era fatto da solo un’enorme cultura, con la sua grande curiosità; la sua conoscenza della lingua italiana non ha paragoni. Oggi ci sono giovani che hanno buone idee per i soggetti. Ho sentito “Stiamo tutti bene” (Mirkoeilcane ndr), un po’ rappata, ha una tematica attuale, interessante, però non c’è quell’uso dell’italiano, delle rime, della metrica che ha contraddistinto Francesco. Ci emozioniamo ancora con l’Odissea, ci sono cose che hanno il potere di durare per sempre e credo che sarà così anche con le canzoni di Guccini».

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