Nascita, vita e morte dei cattolici comunisti movimento di frontiera

l’analisi
Per loro Enzo Bettiza coniò il termine ‘cattocomunisti’ e da allora rimase appiccicato, con una coloritura denigratoria, ai cattolici vicini alla sinistra marxista. Tramontato definitivamente con la morte di Aldo Moro il progetto del compromesso storico, che doveva essere il frutto compiuto della politica di mediazione tra la Democrazia Cristiana e la sinistra socialista e comunista, e sepolta dalla storia l’etichetta di cattocomunisti, gli uomini di questo vasto arcipelago di riflessione cattolica orientata a sinistra si sono riconosciuti nella definizione di cristiano sociali. Presenza fondamentale ma senza espressione autonoma nella Dc, dopo il ciclone Tangentopoli e l'apparire di nuove formazioni sulla scena politica i cristiano sociali decidono di costituirsi in associazione, componente attiva e organizzata nello schieramento progressista. Tra i fondatori, nel novembre del 1993, vi sono Ermanno Gorrieri, partigiano nella Resistenza e poi ministro del Lavoro con Fanfani nel 1987 e Pierre Carniti, segretario della Cisl dal 1979 al 1985; danno il loro sostegno personalità di diversa provenienza ma accomunate dalla condivisione delle novità del Concilio Vaticano II, dell'impegno nelle comunità pastorali e nel sindacato, dalle esperienze di impegno sociale.
Ventiquattro anni dopo quell'esperienza si concluse.
Alla parabola del Cristiano sociali Carlo Felice Casula, Claudio Sardo e Mimmo Lucà hanno dedicato 'Da credenti nella sinistra' (Il Mulino, 385 pagg., 30 euro), prima analitica storia di questo movimento che Romano Prodi nella prefazione definisce "unico per le sue origini e le sue caratteristiche, che per vent'anni ha influenzato la politica, la cultura italiana e il rapporto fra religione e società civile in modo molto più profondo di quanto non siano state le dimensioni quantitative del movimento". Lucà, che dei cristiano sociali è stato coordinatore dal 2003 al 2017, ricorda i padri nobili: «Noi discendiamo in maniera diretta dal personalismo comunitario di Maritain e di Mounier, dalle testimonianze anticipatrici di Guido Miglioli e di don Milani, dall'azione fondativa di Achille Grandi e di Giulio Pastore, dal decisivo ruolo costituente del gruppo di Cronache sociali che ha in Giuseppe Dossetti la figura più luminosa».
Quel movimento di frontiera, come lo definisce Casula, professore di storia contemporanea, dopo la fine della guerra fredda poteva finalmente riunire quei cattolici che non avevano più remore a guardare apertamente a sinistra. Dalle Acli, dalla Cisl, dall'Azione cattolica, dall'Agesci, dal cattolicesimo di base in tanti si coagularono intorno a un movimento che si proponeva di combattere l'ingiustizia nella distribuzione dei redditi, delle risorse, delle potenzialità educative e più in generale nella capacità di esprimersi e di partecipare di ogni cittadino.
Negli anni Novanta del secolo scorso il liberismo spinto di Reagan e della Thatcher faceva breccia anche a sinistra e si faceva strada l'idea che bastava correggere le situazioni di partenza. I cristiano sociali erano invece a favore di una correzione delle iniquità, divenute nel frattempo così profonde da essere inaccettabili dal punto di vista etico e ostacolo per la costruzione della democrazia. Correzione che la loro proposta politica individuava innanzitutto in una più equa politica fiscale. Ma, come sottolinea ancora Prodi, negli ultimi vent'anni parlare di politica fiscale si riduceva a sbandierare lo slogan meno tasse, e sostenere l’equilibrio tra costi e benefici portava a svantaggi elettorali. Le dinamiche politiche della presenza cristiano sociale all'interno dei Democratici di Sinistra prima, poi nell'Ulivo e infine nel Pd vengono illustrate dal giornalista Claudio Sardo, direttore dell'Unità dal 2011 al 2013. In occasione delle elezioni politiche del 1994, il movimento aderisce alla coalizione di centro-sinistra dei Progressisti. Sono eletti otto deputati tra le liste del Pds e quelle dei Progressisti e sei senatori. In vista delle successive elezioni politiche del 1996, i Cristiano Sociali aderiscono a L'Ulivo e stringono un patto federativo con il Partito Democratico della Sinistra. Nel 2003 il movimento annovera più di 5.500 aderenti presenti in tutte le regioni italiane, quattro consiglieri regionali e oltre 200 fra consiglieri provinciali e comunali. La battaglia persa per i Dico, il disegno di legge per dare un riconoscimento giuridico alle coppie gay, che portò alla caduta del governo Prodi nel 2008 e la successiva adesione al nascente Pd segnano le ultime tappe del movimento.
Le cause del suo tramonto per gli autori vanno ricercate nella forte opposizione della Cei, che rinfocolò l'ostilità verso i 'cattocomunisti'. Molti cristiano sociali, come Andrea Olivero e Lorenzo Dellai, transitarono nelle file moderate di Montezemolo e di Monti, con la conseguente perdita di rappresentanza del movimento. Inoltre venne ad appannarsi il ruolo politico del sindacato.
Eppure lo spazio ci sarebbe ancora, Lucà ne è convinto, soprattutto con il pontificato di papa Francesco, i cui valori di giustizia sociale, solidarietà, pace, lavoro e famiglia sono i pilastri stessi della politica dei cristiano sociali. Non aver portato quei valori all'interno del progetto politico della sinistra italiana, è la conclusione di Lucà, è stato alla base delle sconfitte elettorali più recenti. —
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