Nei manicomi dei bambini come Villa Azzurra l’orrore dei piccoli torturati

la giornata
Marco Bisiach
Follia che genera follia. Accade quando l'umanità lascia il posto alla crudeltà, quando gli esseri umani lasciano spazio al loro lato più oscuro. Nei manicomi come nelle trincee, nel dramma della povertà e della solitudine come in quello della guerra. Ha raccontato anche questo la giornata d'esordio di “èStoria” 2021, nel verde di quel Parco Basaglia che è stato prima vera roccaforte di un approccio più umano alla follia. Un'edizione che di prima mattina si è aperta di fronte a tanti studenti isontini arrivati nel parco per assistere alle conferenze, come quella che ha visto conversare i giornalisti Lucia Bellaspiga e Alberto Gaino su “Il manicomio dei bambini”.
Titolo, questo, del libro scritto proprio da Gaino indagando e riportando le drammatiche storie di bimbi rinchiusi in strutture destinate a diventare “fabbriche della follia”. «I bambini potevano essere ricoverati magari perchè vivaci o anche semplicemente perché i genitori li abbandonavano, dai tre anni in su, ma spesso erano anche più piccoli – ha raccontato Gaino, commuovendosi apertamente nel ripercorrere mentalmente le vicende di qualcuno di loro -. Qui, in spazi sovraffollati, con poco cibo, passavano gran parte del tempo legati, e finivano per impazzire, anche se erano entrati sani. Ecco perché si può parlare di fabbriche della follia». Parliamo di luoghi come Villa Azzurra, il padiglione riservato ai bambini dell'ospedale psichiatrico di Torino, che dietro ad un nome così lieve nascondeva una realtà agghiacciante, dove il sadico psichiatra Giorgio Coda aveva facoltà di disporre a piacimento dei piccoli pazienti, sottoposti per decine e decine di volte alla pratica dell'elettroshock. «Ma sarebbe sbagliato ritenere che questi fossero solo casi isolati, legati alla cattiveria e al sadismo di singoli medici», hanno sottolineato Bellaspiga e Gaino, ricordando che, in anni che oggi possono forse sembrare lontani ma in fondo non lo sono affatto, pratiche simili all'interno dei manicomi fossero largamente accettate e tollerate. Quasi date per scontate. «Il lavorìo dell'istituzione totale produceva alla fine larve umane», ha detto Gaino. Vite stravolte come quelle di chi ha combattuto (o anche vissuto da civile) la Grande Guerra, al termine della quale più di 40 mila soldati furono internati nei manicomi militari. Ne hanno parlato ieri pomeriggio Guido Alliney, autore de “La follia nella Grande Guerra” e lo storico militare Hew Strachan, con Marco Cimmino. «La follia nella Grande guerra non riguarda solo i militari, ma genera un'onda lunga che investe tutto il Paese, i parenti, i genitori dei soldati o delle vittime», spiega Alliney, citando ad esempio il tragico episodio di una giovane madre diciannovenne che, perso il marito caduto in battaglia a Tolmino, perse la ragione, uccise il proprio neonato e tentò il suicidio. «Sono i drammi legati alla follia della guerra, di tutte le guerre, che però dopo il primo conflitto mondiale ebbero forse un impatto più devastante perché allora nessuno si aspettava di assistere ad una tragedia di tali proporzioni e con quelle caratteristiche – dice ancora l'autore -. La psichiatria dell'epoca non era preparata, e lo Stato stesso quasi mai ha riconosciuto l'origine della malattia psichica per causa di servizio, lasciando che i soldati malati, quelli che vennero definiti in modo sgradevole “scemi di guerra”, non ricevessero ne cure né assistenza, diventando vittime due volte». Oggi “èStoria”, tra i tanti incontri, propone un viaggio all'origine del concetto di manicomio, con la storia del Bethlem Royal Hospital di Londra (alle 11, in Tenda Apih, con Roberto Roveda e Andrew Scull), mentre alle 12 in Tenda Erodoto Alessandro Mezzena Lona e Viviana Piccolo dedicano spazio alla vita e alla poesia del friulano Federico Tavan. Interessante alle 17 (Tenda Apih) la riflessione che lo psichiatra e sociologo Paolo Crepet, dialogando con il giornalista Alex Pessotto, proporrà sui concetti di alterità e norma, sulla nevrosi che sempre più spesso condiziona i rapporti. —
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