Nei “Segni d’Impresa” c’era la grande industria dall’Istria alla Dalmazia

TRIESTE. Ci sono l’allegra famiglia di elefanti dell’omonima fabbrica di cacao e cioccolata di Fiume, il sinuoso diavoletto creato da Gigi Vidrich nel’22 per la distilleria Ausonia di Pola, la celebre tigre dell’Arrigoni, disegnata nel 1924 da Pollione Sigon, figlio d’arte del più noto Giuseppe, l’omino che guida la freccia della raffineria fiumana Italoil, opera palesemente futurista di Alberto Zhelizh.
E ancora la réclame dello champagne rosa delle cantine Apollonio di Orsera, antesignana dei “vini rosa” oggi tanto à la page, gli eleganti figurini che il triestino Giorgio Dabovich disegnò per pubblicizzare gli impermeabili Pirelli del negozio Pancirolli di Pola, la celebre locandina di Giuseppe Sigon per l’Amaro Istria della Petrali di Rovigno, che a inizio’900 puntava sul “potere corroborante di un bicchierino”.
Fin dalla nascita della moderna comunicazione pubblicitaria l’immaginario collettivo si è nutrito della creatività dei suoi artisti, che attorno a un prodotto riuscivano a costruire, con segni grafici, disegni, slogan, un mondo nuovo e accattivante, capace a volte di sopravvivere addirittura più a lungo nella memoria degli oggetti e delle attività reclamizzate.
Parte da questi presupposti la mostra “Segni d’Impresa fra ’800 e’900”, che inaugurerà venerdì alle 17.30 al Civico Museo della Civiltà istriana fiumana dalmata. Ideata dall’Irci e curata da Piero Delbello, l’esposizione dà conto – attraverso manifesti, locandine, bozzetti e una moltitudine di oggetti – del lusinghiero sviluppo industriale di cui, in particolare negli anni’30 del secolo passato, l’Istria fu protagonista, tanto da portarla al primo posto fra tutte le province italiane per aumento della manodopera.
“Fra il 1930 e il 1939 l’incremento del personale impiegato era misurato nell’invidiabile percentuale del 57, 13%, potendo contare allora su ben 689 aziende di significativa importanza nelle diverse categorie fra l’estrattiva, l’edilizia, la meccanica, la chimica, i trasporti, la luce, l’acqua e il gas, il legno e il boschivo, l’agro-alimentare, la tessile … dando lavoro di fatto a oltre 26. 000 operai”, scrive Delbello nel corposo catalogo, edito da Libreria antiquaria Drogheria 28, che raccoglie la maggior parte delle opere e degli oggetti in mostra.
“L’impresa istriana, fiumana, dalmata è, in sostanza, il come e il quanto eravamo, è la grande imprenditorialità che porta lo sviluppo e il progresso sul territorio”, evidenzia il presidente dell’Irci Franco Degrassi, ricordando anche il ruolo di Trieste, porto dell’Impero, nella lunga storia d’interscambi commerciali dell’Alto Adriatico, con esempi come i lussiniani Cosulich e le loro imprese fra mare e cielo (dalle linee di navigazione alla Sisa), o i Modiano, che dopo il successo triestino aprirono anche a Fiume uno stabilimento per la produzione di carte da gioco e di cartine per sigarette (in esposizione spicca, oltre alle classiche carte da poker, anche un foglio d’inizio secolo di tarocchi ungheresi stampati nella città liburnica).
Tra le moltissime imprese raccontate per immagini e segni in quest’esposizione ci sono nomi che a distanza di tempo non si scordano. Come la tentacolare Arrigoni, industria alimentare a tutto campo che distribuì i propri stabilimenti, specializzati nella lavorazione e nell’inscatolamento del pesce ma anche nella produzione di confetture e di estratti per brodo, in tutta l’Istria e pure in Dalmazia. O, spostandosi appunto in Dalmazia, le famose ditte del campo liquoristico, con le indimenticabili marche zaratine di Drioli, Vlahov e Luxardo che all’epoca promossero imponenti campagne pubblicitarie.
Campagne in cui, oltre a manifesti e cartoline, anche gli oggetti venivano brandizzati: ecco allora che in esposizione si presentano anche pregiate bottiglie e vasi in ceramica decorata (Luxardo), curiosi cagnolini in ceramica (Vlahov), e righelli in metallo litografato (amaro Zara). La presenza numericamente più significativa è senz’altro quella riferibile al settore alimentare (conserve, vini, liquori) e all’industria del tabacco (dalle sigarette Eneo di Fiume alle manifatture di Rovigno e di Zara), ma in esposizione sono ben rappresentate pure aziende che raggiungessero il successo, a volte anche internazionale, in altri campi.
Dall’Istria della bauxite e dell’alluminio, con la “Società Carbonifera Arsa” e il suo grande centro minerario attorno ad Albona, all’Istria delle compagnie di navigazione e della nascente imprenditorialità turistica, con centri come Portorose, Brioni, Lussino, o, sconfinando nel fiumano, Abbazia, la Montecarlo del Quarnero.
E ancora l’Istria dei cantieri navali e delle fabbriche di acido carbonico, la Dalmazia del cemento “Portland”, pubblicizzato pure in lingua inglese nei manifesti di Pollione Sigon. Per dare conto di quest’estrema varietà di attività produttive i “segni d’impresa” in esposizione sono stati suddivisi in otto categorie merceologiche, che spaziano da “Alimentari e conserve” a “Oli, petroli, carboni” e fino a “Porti, cantieri, navigazione e turismo”.
La mostra, a ingresso libero, sarà visitabile fino al 29 settembre (dal lunedì al venerdì 10-12. 30 e 16-18. 30, sabato e domenica 10-17).
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