Nel nuovo atelier di Marco Moro “fotoquadri” della vita quotidiana

In via della Zonta 1  apre uno spazio  con le immagini originali scattate con il cellulare  e le opere di design dell’artista 
Marianna Accerboni



Anche in tempi di pandemia a Trieste è fiorita una stella: è l’atelier del fotografo e designer Marco Moro, che ha reagito al lockdown più duro, progettando l’apertura in via della Zonta 1 del proprio atelier, dove sono esposti i suoi lavori, il cui comun denominatore è la luce, fattore presente e importante nella creatività di molti artisti triestini, da Strehler alla Fini. Si tratta di immagini fotografiche e lampade dal design fine ed essenziale, realizzate negli ultimi anni dall’artista, architetto mancato per la morte prematura del padre, che lo costrinse a interrompere gli studi intrapresi all’Istituto Universitario di Architettura di Venezia, la sua passione, per laurearsi poi in Economia.

Le foto sono realizzate a colori e in bianco e nero soprattutto con il cellulare, cogliendo l’attimo fuggente, senza preoccuparsi delle finezze della tecnica fotografica. Ed è per questo che Marco Moro ama chiamare le sue opere “fotoquadri”, perché Moro vede i suoi lavori come qualcosa che dona emozione attraverso una luce particolare e ritiene che, solo se sussiste un binomio armonico tra questi due fattori, vale la pena di stamparle nella grande dimensione. «E, per inciso, - aggiunge - nell’atelier sono esposti solo scatti realizzati dal 2014, perché prima non esistevano cellulari sufficientemente attrezzati per fare foto». Nel tempo poi Moro ha sperimentato vari e nuovi supporti di stampa come per esempio l'alluminio lucido che ha dato ottimi risultati, ma anche il plexiglass e il legno, mantenendo tuttavia costante la particolarità di non intervenire in fase di postproduzione se non con dei minimi tagli. E così, con 10 dei suoi “fotoquadri” l’artista parteciperà prossimamente al Premio internazionale d’Arte Contemporanea “DeSidera”, mentre in precedenza sue opere sono state selezionate a un concorso fotografico indetto dall’Associazione culturale triestina ”dotART” e al concorso internazionale di fotografia organizzato a Roma dalla Galleria Dantebus di via Margutta.

Se nelle foto esposte nell’atelier (e in parte visibili anche sul sito www.marcomoro.org) incontriamo, espressi con sensibilità ed equilibrio, i temi del paesaggio naturale e architettonico e del corpo femminile, un altro aspetto della creatività dell’artista riguarda il design di lampade, che trovano un comun denominatore nell’utilizzo dei led e del legno, in particolare del pero, oltre che, in alcuni casi, dell’alluminio. Essenziali ed eleganti, questi corpi illuminanti sono originali e sobri e, come si può notare nell’atelier, donano un tocco di fascino discreto allo spazio che li ospita, come per esempio le originali cornici illuminanti di forma rettangolare o altri elementi geometrici.

Nel curriculum di Marco Moro ci sono però anche numerosi altri exploit creativi: «Sono una mente iperattiva e mi piace ideare prodotti innovativi dedicati a vari settori, tra cui lo sport e l’abbigliamento sportivo, anche se oggi non è molto facile trovare chi li fabbrica nel contesto di un mercato alterato da una sovra produzione di prodotti a basso costo». —



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