Nel vaso di Pandora ci sono i Puffi a smontare i pregiudizi di genere
Un autore scrive solo la metà di un libro, perché dell'altra metà se ne deve occupare il lettore. Questo assunto è sacrosanto, ma quando il destinatario della storia è un bambino, va preso per mano e accompagnato per tutta la via, come paternamente s'impegna Corrado Premuda che domani alle 18, sarà ospite della libreria Ubik in conversazione con Sergia Adamo. Premuda, già autore di libri per adulti e ragazzi tradotti in varie lingue, compie però un passo ulteriore con la rielaborazione del mito greco "Il vaso di Pandora" (Lisciani Libri, pag. 96, euro 7,50), in libreria da oggi.
Solitamente i primi libri sono costituiti per lo più di figure, e questo di Premuda, deliziosamente illustrato da David Landi, non fa eccezione. L'alchimia che trasforma le illustrazioni in parole e predispone poi alla lettura, costruisce per i bambini il primo teatro dell'immaginario. Ma c'è uno scoglio in più, che Premuda ha l'accortezza di sfruttare tutto a vantaggio della sua affabulazione: l'invadenza delle immagini prefabbricate, i cartoni animati, che minacciano le libere immagini mentali, la fantasia.
Non resta che compiere un lavoro a ritroso e Premuda, che è stato bambino innamorato dei Puffi, inizia proprio rievocando la loro storia seguita davanti alla tv assieme ai genitori che in quelle occasioni non si fanno pregare a spegnere i notiziari e la politica per accendere l'umorismo di cui sono permeate le vicende bucoliche degli omini blu con il cappuccio bianco. Tocca raccontare ai più piccoli fatti degni di meraviglia preistorica: una puntata persa era persa per sempre, o comunque per moltissimo tempo, il videoregistratore era di là a venire, e in genere di apparecchio tv ce n'era uno solo che troneggiava in salotto o in cucina, spesso oggetto di dissidi per la scelta del programma.
Questa l'introduzione per acclimatare il giovanissimo lettore che si dovrà poi immergere nel mito greco di Pandora, ricorrendo a un accenno della creazione di Puffetta, anche lei essere femminile concepito, invece che dall'irato Zeus, dal perfido Gargamella, per mettere scompiglio in un mondo beato, fino a quel momento tutto maschile, fossero uomini o puffi. Tanto per rammentare che anche i cartoni animati hanno radice nelle culture e racconti preesistenti su cui vengono modellati: la prima donna, Eva, come Pandora, poi come Puffetta. Combinano guai, impastate come sono di materia e capricci, di capacità seduttiva e curiosità, sono l'archetipo della donna, beninteso visto dallo strabico osservatorio maschile che per millenni si è accomodato sull'alloro dei suoi pregiudizi.
Delicatamente Premuda ne fa cenno, senza togliere godibilità al mito di Pandora, il cui nome significa "tutti i doni", che il mondo greco riconosce dotata da Zeus e dagli altri dèi chiamati a collaborare per forgiarla e agghindarla, di bellezza, virtù, abilità, grazia, astuzia e ingegno. E Zeus, irascibile e sadico, manda sulla terra per gli uomini "un male di cui gioiranno, qualcosa su cui investiranno il loro amore e che invece si rivelerà essere la loro disgrazia: una donna". Tergiversa Pandora, incerta se aprire il vaso sigillato con un tappo di cera con cui l'ha inviata da Epimeteo, fratello ingenuo di Prometeo, cui l'ha destinata in sposa.
Alla fine Pandora, si sa, cede alla curiosità e libera tutti i mali che da allora affliggono l'umanità: vecchiaia, gelosia, malattia, dolore, pazzia e vizio. Sul fondo del vaso rimane solo la speranza, che non fa in tempo a prendere il volo. Spes, ultima dea.
Ma Premuda, attraverso un accurato dosaggio di testo e immagini, con catturante leggerezza insinua che la storia non finisce qui, anzi, ma che il mondo colto e raffinato dell'antica Grecia che abbiamo ereditato e abbiamo in custodia, è in perpetuo rinnovamento purché ci teniamo stretto il vaso in cui resti stavolta intrappolata la fantasia.
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