Nicola Ulivieri, camaleontico Don Giovanni a Trieste

Il basso trentino venerdì 30 ottobre si cala nei panni del personaggio mozartiano per l’apertura della stagione lirica del Teatro “Verdi”
Nicola Ulivieri
Nicola Ulivieri

TRIESTE «Io credo di esser fra tutti quello che ha fatto più Don Giovanni di altri, anche per una questione di età e di carriera». Ma per la prima volta il basso Nicola Ulivieri, che nel 2006 ha vinto il Premio Abbiati per le sue interpretazioni mozartiane, sarà protagonista del “Don Giovanni” di Wolfgang Amadeus Mozart incarnandolo sotto la guida del direttore d’orchestra Gianluigi Gelmetti e del regista Allex Aguilera.

Lo spettacolo inaugura venerdì 30 ottobre, alle 20.30, la stagione lirica e di balletto 2015-2016 del Teatro Verdi di Trieste, la prima firmata dal nuovo sovrintendente Stefano Pace. Le scene sono della giovane scenografa francese Philippine Ordinaire, i costumi di William Orlandi e le luci di Claudio Schmid. Nel ruolo di Don Giovanni si alternano Nicola Ulivieri e il giovane Mattia Olivieri; Donna Anna è affidata a Raquel Lojendio e a Marie Fajtová; Leporello verrà interpretato da Carlo Lepore e da Fabrizio Beggi; Donna Elvira avrà le voci di Anush Hovhannisyan e Raffaella Lupinacci; mentre Luis Gomes e Marco Ciaponi interpretano Don Ottavio. Gianpiero Ruggeri ed Enrico Marrucci saranno Masetto; Zerlina è affidata alle voci di Diletta Rizzo Marin e Ilaria Zanetti. E Andrea Comelli sarà Il Commendatore. Si replica il 31 ottobre, e il 4, 5, 7 e 8 novembre.

«Don Giovanni - spiega Ulivieri, che in passato si è già esibito al Verdi - dev’essere cantato in modo molto tagliente, molto pulito, senza cercare di dare un’interpretazione troppo forte, perché il personaggio stesso è molto camaleontico. Si comporta e agisce in maniera differente con tutte le persone con le quali viene a contatto. Non può essere solo macho, solo cattivo o solo divertito da qualsiasi cosa gli succeda. Ci sono tante chiavi di lettura, e col maestro Gelmetti vogliamo togliere tutte le convenzioni e le tradizioni che si sono viste altrove, vogliamo renderlo un po’ più nobile da tutti i punti di vista. Questa è una produzione classica, senza tante eccentricità, senza troppa modernità. È giusta musicalmente e anche scenicamente, e questa è già una buona novità di questi tempi».

Lei ha lavorato con i più grandi registi...

«Ho avuto la fortuna di far parte di quella generazione che ha sperimentato gli attori e i registi del cinema e della prosa nella regia dell’opera. Ho lavorato con registi come Piera Degli Esposti, Toni Servillo, Mario Martone, Peter Brook, Ermanno Olmi, Ettore Scola, Leo de Berardinis a Spoleto. Con Michele Placido ho fatto un “Don Giovanni” a Torino, dove cantavo Leporello. Loro possono darci qualcosa di nuovo sotto il profilo interpretativo, perché hanno un occhio cinematografico-teatrale».

Chi l’ha aiutata di più?

«Io vorrei perfezionare sempre più la mia attorialità, e ho trovato molta similitudine nella scuola napoletana di teatro. Loro hanno un senso di teatralità e di gestualità vera, e questo l’ho riscontrato sia in Leo de’ Berardinis che in Toni Servillo. La loro gestualità si avvicina molto agli studi russi da cui deriva Peter Brook. È un teatro della verità, che credo ci debba essere anche nell’opera lirica. L’importante è che in uno spettacolo ci sia un modo comune di muoversi in palcoscenico, una gestualità comune. Invece spesso ognuno fa come gli pare, e questo a mio avviso è brutto da vedere».

Come definirebbe la sua voce?

«Ho avuto la fortuna di avere un agente cauto fino agli ultimi anni, che mi ha sempre fatto fare quello che era giusto per la mia voce. Io stesso poi ho appoggiato questa direzione, e mi sono mantenuto in questo repertorio. Ultimissimamente sento l’esigenza di dover cambiare anch’io, farò sempre più spesso il basso cantabile e lascerò man mano i personaggi mozartiani. Probabilmente sarà uno degli ultimi Don Giovanni, tra un po’ chiudo anche questo capitolo».

Che musica ascolta?

«La mattina disco dance anni ’70 per svegliarmi, poi passo al jazz, e quindi ascolto un po’ di tutto. E vado al cinema spessissimo».

Quali film preferisce?

«Se sono da solo mi piace anche rilassarmi coi pop corn e vedere qualche americanata. Poi se devo fare colpo porto a vedere un film d’essai».

Arco in provincia di Trento, la sua terra, è la capitale mondiale del free-climbing. Lei lo pratica?

«No, perché sono troppo pesante, per fare free-climbing bisogna pesare 30 chili. Tutt’al più posso andare in montagna a farmi una bella camminata, e quello l’ho sempre fatto, magari più da ragazzo che adesso».

Quando non canta cosa le piace fare?

«Ho l’hobby di inventarmi qualche spettacolo extra».

Per esempio?

«In Trentino Alto Adige avevo fatto uno spettacolo su Mozart assieme a un musicologo, e la regia di un “Bastiano e Bastiana”, sempre di Mozart, per il grande schermo. Poi al Teatro Sociale di Trento mi hanno dato la regia di un dittico, “Il segreto di Susanna” di Wolf-Ferrari e “La notte di un nevrastenico” di Nino Rota nella stagione 2012. Ora sto portando avanti con degli amici il progetto Casanova, che è una mia idea per un’opera contemporanea in cui io interpreterei la parte di Casanova. Dovremo trovare il luogo propizio per realizzarlo».

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