Nostalgia di McInerney per le luci di New York che non risplendono più

di FEDERICA MANZON
Jay McInerney è forse il più "sobrio e sposato" degli autori del gruppo Brat Pack, quei giovani scrittori della East Coast, fotogenici da paura, che esordirono negli anni Ottanta con aggressivi e folgoranti ritratti della loro generazione che fecero epoca, diventarono bestseller e li trasformarono in divi da copertina. McInerney non ha un lato oscuro popolato da mostri che ti mandano fuori di testa come il suo amico e rivale Bret Easton Ellis. Scrive maledettamente bene, ma questo non basta a farlo salire nell'empireo per i lettori e critici italiani. Perchè?
Perché i suoi libri non fanno ridere a crepapelle, non traumatizzano, non fanno singhiozzare. Riescono invece in qualcosa di più raro: raccontano la malinconia di passioni irresistibili che sono da subito un tempo perduto, le occasioni che ci siamo lasciati sfuggire con occhio giudizioso e un piccolo rimpianto, gli impeti della giovinezza e i tradimenti, le illusioni dell'età adulta.
Jay McInerney è ossessionato dalle luci, quelle sfavillanti di Broadway che illuminano il trionfo della ribalta ma già annunciano la calata del sipario. E in queste luci sta la cifra della sua poetica, una combinazione esatta di innamoramento e spleen, ed è una gioia per il lettore ritrovarlo al meglio nel romanzo appena uscito per Bompiani "La luce dei giorni" (tradotto da Andrea Silvestri, pagg. 511, euro 20): la terza tappa della trilogia della coppia Russell&Corinne iniziata con il molto bello "Si spengono le luci", continuata con un meno convincente "Good Life" e ora chiusa con slancio felice.
L'autore è stato di recente in Italia per presentare il suo nuovo lavoro alla Triennale di Milano e al Festivaletteratura di Mandova.
«Una volta, non molto tempo addietro, giovani uomini e donne erano venuti in città perché amavano i libri, perché volevano scrivere romanzi, racconti o addirittura poesie». Un incipit che riecheggia Fitzgerald nella struggente seduzione per le promesse - «una volta» ma «non molto tempo addietro» - della giovinezza, eppure già annuncia una conclusione diversa, dove i protagonisti non muoiono per un amore romantico ma credono piuttosto che «i romantici sono come gli obesi, non capita di incontrarne molti di anziani».
Ritroviamo Russell Calloway, editor di una casa editrice letteraria, e sua moglie Corinne, con la sua l'impeccabile educazione da snob decaduta e l'impiego no-profit. Hanno cinquant'anni e dopo aver scelto per una vita di giocare nella squadra dell'Arte e dell'Amore - disprezzando quella del Potere e del Denaro -, si scoprono improvvisamente a desiderare una casa con almeno due bagni e un amante con l'autista. Il loro è ancora il matrimonio che gli amici invidiano, Russel è ancora l'editor dal fiuto impeccabile capace di lanciare nuovi talenti.
Ma cosa succede se, in piena era internet, le mail private di Corinne vengono scoperte dai bambini? E se gli autori si rivelano più egoisti e spietatamente sinceri del previsto? E se ti prende il dubbio che fare della tua passione un lavoro sia stato un po' come sposare l'amante, in fondo una fregatura? E se Lehman Brother collassa trascinandosi dietro tutto, industria editoriale compresa?
Ancor una volta Jay McInerney racconta l'America. Racconta New York. La città dei sogni, dove si può vivere pubblicando libri di grande qualità, ma anche la città dove gli speculatori buttano fuori gli artisti da TriBeCa. Nessuno ama New York quanto Russell, nessuno la ama quanto McInerney. Ma a volte, a essere cinquantenni con due figli da mandare in buone scuole e una borghesissima passione per i vini e la cucina, ci si può sorprendere la sera tardi a guardare dalla finestra lo skyline strambo di downtown al tramonto, con i suoi loft che una volta avevano le finestre sbarrate e dentro gli artisti dipingevano tele che al massimo gli davano i soldi per l'eroina e ora vengono battute all'asta da Sotheby's.
E si avverte a tradimento una fitta di nostalgia per l'era delle rapine, dei graffiti, delle fiale di crack in corridoio. Gli anni in cui Ellis e McInerney erano i gemelli terribili delle feste newyorkesi, con due strabilianti libri d'esordio appena pubblicati e la vita riflessa nello specchio al soffitto.
Ma la vita fluttua via velocemente. I personaggi di McInerney hanno ora cinquant'anni, sono fragili e la malinconia per un tempo che è stato e non sarà mai più li colpisce alle spalle. Sono adulti, hanno figli e preoccupazioni, eppure ancora provano l'irresistibile tentazione di lanciarsi in sogni elettrizzanti: scommettono tutto sul libro di autore improbabile, danno all'amante appuntamenti spericolati in camere d'albergo mentre mogli e mariti chiacchierano nella hall, prendono elicotteri in mezzo alla tempesta di neve e salgono scale di bordelli.
Ma non c'è nessuna gloria da dissoluti, niente brillantini artificiali a ritoccare i sorrisi. C'è solo la vita, quella reale, quella che infrange i sogni senza darci la consolazione che speravamo, neanche una pacca sulla spalla, senza illuderci che la seconda volta andrà meglio. E tutto quello che abbiamo adorato negli amanti, quel sorriso, diventa di colpo qualcosa di cui facciamo loro una colpa, ma anche ci aiuta a trovare il nostro posto, a decidere in quale squadra giocare.
Eppure per un attimo lampeggia ancora la bruciante verità nelle parole di Jack, il nuovo astro della letteratura scoperto da Russell, il cattivo ragazzo cresciuto nel sud dove nascono le storie e le anfetamine sono un'impresa di famiglia. «Non ti manca?». «Manca cosa?». «Sai, le droghe. Quella vita». «Ogni dannato giorno. Non ti liberi mai del desiderio, della compulsione, della smania».
E a noi sembra di sentire l'ormai sessantenne Jay McInerney e possiamo giurare che sì, gli mancano dannatamente quei giorni, le feste, le modelle, la droga, il successo e la giovinezza. Quando le luci si abbassano e i ragazzi dormono nelle loro camere e nel bicchiere c'è un vino pregiato, nonostante tutto Jay McInerney è ancora con i suoi personaggi, come loro sta ancora dalla parte dell'Arte e dell'Amore.
E forse, a fare grandi queste pagine, è proprio questo - la fiducia inconfessata in quel Natale che arriverà e in cui l'amico Bret tornerà di nuovo a New York, o sì che tornerà, e tutto tornerà.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo