Odissea nello spazio, i 50 anni del capolavoro di Kubrick

Washington, 2 aprile 1968: dopo tre mesi di isolamento totale nella sua casa-laboratorio di Abbots Mead, in aperta campagna non lontano da Londra, Stanley Kubrick presenta al pubblico e alla critica il suo lavoro più ambizioso, «2001: Odissea nello spazio» dal soggetto del guru della fantascienza Arthur C. Clarke. È un progetto rivoluzionario e un film che entra di prepotenza nella storia del cinema: oggi si può anche leggerlo come un'icona di quell'utopia esistenziale che innerva la stagione dei grandi cambiamenti e dei fermenti che, dall'America all'Europa, segnano il fatidico anno 1968. Il festival di Cannes celebrerà i cinquant’anni del capolavoro proponendo il 12 maggio, in anteprima mondiale, una versione non modificata in 70 millimetri, con l’intervento del regista Christopher Nolan, la figlia di Kubrick, Katharina, e il cognato produttore Jan Harlan. Costato 12 milioni di dollari di 50 anni fa, il film ha più che centuplicato i suoi incassi attraverso le generazioni e continua ad affascinare e sedurre gli spettatori, generando anche molte leggende. La più celebre è quella per la quale, entrato in rapporto con la Nasa, Kubrick avrebbe poi barattato l'uso di alcune tecnologie futuribili (lenti e cineprese di avanzata concezione) in cambio di una ripresa in studio dell'allunaggio del 1969: garanzia per la Nasa ove qualcosa fosse andato male durante la documentazione di quello storico successo nella corsa spaziale.
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