Omar Pedrini, dai Timoria a oggi per la prima volta solo a Trieste

In 25 anni di carriera, ricordo al massimo otto concerti tra i più belli. Uno è con i Timoria al castello di San Giusto nei ’90 e un altro, da solista, quest’estate al Rifugio Gilberti di Sella Nevea per il No Borders Festival, con 7 mila persone che cantavano nel silenzio, dove senti solo il respiro del mondo»: il bresciano Omar Pedrini racconta il suo legame con il Friuli Venezia Giulia. «Al liceo classico – continua lo “zio rock” – scrissi una tesina sulla Trieste di Svevo e ho ripercorso i luoghi in cui si incontrava con Joyce. E poi Pasolini. Più tardi ho scoperto il vino della zona, il carattere delle persone, che comunicano tanto pur parlando poco e me ne sono innamorato. E il mio amico fraterno Mauro Corona».
Nonostante i frequenti passaggi in regione, a Trieste non tiene un concerto dai tempi dei Timoria. Sarà la prima volta in città da solista, dunque, domani al Loft alle 21.30, in una serata in collaborazione con Satisfaction Rock’n’roll Nite e le selezioni del dj Jack Rabbit Slim.
«Sarò in duo elettro acustico con il mio chitarrista, in un percorso che va dai Timoria a oggi, con possibilità di improvvisare. Un concerto molto libero, senza scaletta. Includo anche la lettura di poesie, alcune pagine dal mio nuovo libro. In più invito qualche amico, spero che ci sarà un artista delle vostre parti che stimo molto, The Leading Guy, mi ha promesso che faremo una canzone insieme».
Tempo di anniversari per i Timoria.
«Da poche settimane è uscito il cofanetto che celebra i 25 anni di “Viaggio senza vento”: mi ha sorpreso vederlo quinto in classifica, in tanti l’hanno comprato. L’ho fatto con il cuore, ci ho lavorato parecchio e ho scovato anche qualche inedito da inserire. Pur essendo uno dei gruppi più importanti degli anni ’90, siamo gli unici che non hanno voluto fare una reunion ma forse proprio questo ha accresciuto l’amore e l’attenzione nei nostri confronti. Non me l’aspettavo di trovare così tanti fan che sono venuti ad abbracciarmi ed è stato bello rivedere alcuni miei ex compagni di band».
Due libri: l’anno scorso “Cane Sciolto” (scritto con Federico Scarioni, edito da Chinaski) e in questi giorni “Angelo Ribelle” (La nave di Teseo)...
«Il primo è il lavoro di un giornalista, non l’avevo scritto di mio pugno. È piaciuto molto, è ora alla terza edizione. Mi è arrivata poi la richiesta di una casa editrice prestigiosa, La nave di Teseo che fu fondata da Umberto Eco. Non potevo dire di no. Ho scelto la formula dei racconti brevi e mi sono messo a lavorare durante il tour. Ho scritto piano piano, ho potuto scavare a fondo e ne è uscito un libro intimo, autobiografico».
“Nasco incendiario ma voglio morire piromane”, scrive.
«Ci ho messo tutte le mie contraddizioni. Ho immaginato di parlare con mio figlio ventiquattrenne, Pablo. È un po’ un manuale del saper vivere a uso delle nuove generazioni. Parlo di cultura come arma di difesa. O delle droghe e dei rischi connessi. Cerco di far capire ai giovani che i valori non sono la bella macchina e la bottiglia di champagne in discoteca. Oggi hanno modelli inarrivabili, sono tutti “photoshoppati”, non hanno gli strumenti per decifrare la realtà, sono proiettati a velocità folle verso futuri iper tecnologici».
“Con la musica non sarai mai solo” le diceva sua nonna Nina.
«La musica è la protagonista, quella cosa meravigliosa di cui ci accorgiamo solo quando manca: il mondo sarebbe tristissimo senza».
Scrive anche “La credibilità è tutto”: lei l’ha conquistata.
«Non ho avuto un percorso facile, sono stato fermo discograficamente otto anni, un’eternità nel mio ambiente. Nel frattempo mi sono dedicato a altre passioni e le ho fatte diventare un lavoro: pittura, programmi radio e tv, teatro, cinema, colonne sonore. Però la mia sposa è la musica».
L’ultimo album è del 2017. Il prossimo?
«Ho una trentina di canzoni, di solito arrivo a cinquanta e da lì scegliamo le dieci da sviluppare. Ci sto lavorando, il mio manager comincia già a bussare alla mia porta». —
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