Ophelia e le belle mogli (e amanti) dei Preraffaelliti

Una mostra a Torino ripercorre l’esperienza della Confraternita di Dante Gabriele Rossetti, Holman Hunt e John Everett
Di Carla Maria Casanova

“Ophelia” galleggia sul pelo sull’acqua, le mani aperte in un gesto di offerta, l’abito cosparso di fiori. La celeberrima opera di Millais, scelta a rappresentare la mostra, soddisfa ogni precetto, e soprattutto il primo, del preraffaellismo: l’utopia della bellezza. La shakespeariana Ophelia, infelice creatura morta suicida, è qui impersonata da Elizabeth Siddal che si era sottoposta a posare in una vasca da bagno con acqua approssimativamente riscaldata che non le risparmiò una polmonite ritenuta tra le cause della sua morte, avvenuta a 32 anni, quando oramai era diventata moglie di Dante Gabriele Rossetti.

Come Jeanne Modigliani, anche Elizabeth Siddal divenne essa stessa pittrice, seguendo lo stile del marito soprattutto per i soggetti, di ispirazione letteraria. Tipica anglosassone dai capelli rossi e dalla carnagione lattea, Elizabeth sarebbe divenuta l’icona dei Preraffaelliti, avendo dato il suo volto (fino al 1862, anno della morte) a tutte le donne di Dante Gabriele Rossetti, dai personaggi sacri - santa Caterina, la celebre Ecce ancilla Domini, Maria di Nazareth, l’Adorazione... - alle molte Beatrice della Divina Commedia. Furoreggiava anche, in quegli anni, un romanzo gotico costruito attorno a due donne antitetiche, una nobile e casta, l’altra malvagia seduttrice: Clara e Sidonia von Bork. Le interpretò Edward Burne-Jones in due acquerelli magistrali, che rivelano una estrema cura per gli aspetti decorativi e le armonie cromatiche.

La Confraternita dei Preraffaelliti non doveva avere lunga durata o quanto meno l’ebbe frammentaria. Costituitasi a Londra nel 1848 tra Rossetti, Holman Hunt e John Everett Millais, contro l’accademismo della cultura ufficiale, il convenzionalismo vittoriano, i mali della società industriale e fondata sul desiderio di un (a volte presunto) recupero della semplicità stilistica e della purezza dell’arte italiana del pre-rinascimento, si sciolse nel 1853, dopo soli cinque anni. Oramai il medievalismo di Rossetti contrastava con il realismo analitico di Hunt e il gusto vittoriano di Millais. Ma dopo il 1860 il movimento visse una seconda fase, con nuove caratteristiche. Sono ora linee morbide, tratti lussureggianti e sensuali. Il Medioevo lascia lo spazio al Rinascimento, e compaiono (nella pittura di Rossetti) la conturbante Proserpina, la voluttuosa Monna Vanna, la molto seducente Amata, contornata da complici ancelle di cui una nera. Donne dalla bellezza imperiosa, dotate di fascino inaccessibile. Scomparsa la dolce Elizabeth, adesso la modella di Rossetti è Jane Burden, moglie dell’amico e collega William Morris, enigmatica creatura che sarà l’oggetto di una passione esclusiva dell’artista.

Come per qualsiasi movimento artistico, anche l’aspetto tematico dei preraffaelliti è a largo raggio e si articola in vari settori, che non possono ignorare i paesaggi, spesso malinconici (“Baia di Pegwell” di William Dyce) o inattesi interni, come la meticolosa “Stanza in cui nacque Shakespeare” di Henry Wallis. Un capitolo a parte è il ritorno ai temi religiosi, il cui repertorio iconografico era stato spazzato via dalla Riforma protestante e che gli artisti preraffaelliti ripropongono evitando le idealizzazioni di matrice cattolica. Intanto, tutto si muove. Saranno William Morris, Walter Crane, Aubrey Vincent Beardsley a prendere le mosse di rinnovamento che influenzeranno le correnti artistiche del tardo Ottocento, dall’Art Nouveau al Simbolismo.

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