Orhan Pamuk, un Premio Nobel nella Trieste di Svevo e Joyce

Lo scrittore del “Libro nero” e del “Museo dell’innocenza” ha trascorso la domenica in visita privata nei due musei dedicati agli autori della “Coscienza di Zeno” e “Ulisse”
Di Alessandro Mezzena Lona

Voleva guardare negli occhi la città di Italo Svevo. Passeggiare per le strade che hanno visto nascere, invecchiare Zeno Cosini e la sua ossessione per il fumo. Perché lui, Orhan Pamuk, lo scrittore turco Premio Nobel per la letteratura 2006, non ha mai fatto mistero di considerare i romanzi di Ettore Schmitz, e la “Coscienza” in particolare, i precursori del suo “Museo dell’innocenza”.

E così domenica, l’autore del “Libro nero” è arrivato a Trieste. Senza farsi precedere da roboanti annunci. Anzi, chiedendo gentilmente che la sua visita in città rimanesse il più segreta possibile. Ad accompagnarlo, un amico giornalista, Thomas Steinfeld, senior editor di “Süddeutsche Zeitung” di Monaco.

Normale che la prima meta del corto viaggio triestino di Pamuk fossero i due musei dedicati proprio a Italo Svevo e a James Joyce. Che conservano oltre a monoscritti, lettere, carte di famiglie, anche libri, dipinti, fotografie. Insomma, tutto quanto può servire a ricostruire, raccontare, mettere a fuoco la vita pubblica e privata dei due colossi letterari del ’900.

Ad accogliere lo scrittore, oltre all’assessore alla Cultura del Comune di Trieste Paolo Tassinari, alla direttrice della Biblioteca Civica Bianca Cuderi, c’erano il direttore del Museo Sveviano Riccardo Cepach e John McCourt, il docente universitario di origine irlandese che ha dedicato al periodo triestino dell’autore dell’«Ulisse» un saggio fondamentale: “Gli anni di Bloom”, pubblicato da Mondadori.

«Pamuk non ha fatto mistero, chiacchierando con noi - racconta Riccardo Cepach - di essere molto legato alla figura di Svevo. In particolare, ha riconosciuto che “La coscienza di Zeno” è uno dei libri che più sono in sintonia con il suo “Museo dell’innocenza”. Ha detto di averlo letto nella traduzione turca degli anni Sessanta curata da Neyyire Gul Isik, uno dei migliori esperti delle versioni dall’italiano al turco».

Ma a Trieste, Pamuk, che era affiancato dalla compagna Asli Akyavas, non si è fermato soltanto nei due musei, dove ha continuato a prendere appunti, scattare foto, osservare tutto con grande interesse. Tanto che il suo amico giornalista ha confidato: «Probabilmente troverete traccia di questo suo viaggio tra qualche tempo in qualche suo libro». Più tardi, ha voluto visitare anche la mostra dedicata alla “Grande Trieste”, che prosegue negli spazi del Salone degli Incanti nello splendido allestimento firmato dall’architetto Dimitri Waltritsch, e arricchito dal design grafico di Matteo Bartoli.

Sul libro degli ospiti, Pamuk e la sua compagna hanno scritto: «Siamo venuti qui, al museo/archivio Joyce-Svevo e il direttore del museo ci ha mostrato alcune delle lettere di Joyce, fotografie di Svevo e molti altri oggetti, documenti e foto. Abbiamo anche osservato su una mappa i luoghi in cui il nostro protagonista, Joyce, ha vissuto e quelli in cui ha vagato in città. Siamo stati davvero felici di gettare uno sguardo dentro le vite di questi due grandi scrittori che amiamo e apprezziamo; ci siamo interrogati sulla loro vita di ogni giorno e desideriamo manifestare la nostra gratitudine per ciò».

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