“Otto donne e un mistero” arrivano al Bobbio Paola Gassman: «È un noir tutto da ridere»

Un profumo di donna, un caso da risolvere. Sul palcoscenico del Teatro Bobbio domani, alle 20.30, e fino a lunedì, va in scena “Otto donne e un mistero” per la regia di Guglielmo Ferro. La drammaturgia di Robert Thomas dosa con maestria la comicità noir della vita contro la morte. E lo fa attraverso la figura madre: la donna. Ne sceglie otto: Paola Gassman, Anna Galiena, Debora Caprioglio, Caterina Murino, Antonella Piccolo, Claudia Campagnola, Giulia Fiume e Mariachiara Di Mitri.
Paola Gassman, lei interpreta la nonna...
«Esatto. È uno spettacolo corale: siamo otto donne componenti di una famiglia. È Natale e si scopre che il marito di una è stato ucciso. C’è uno sfondo thriller».
La nonna ha qualcosa da nascondere?
«Ognuna nasconde qualche mistero. È una situazione un po’claustrofobica: sono bloccate in casa – c’è la neve – e iniziano a tirare fuori gli scheletri dall’armadio. Tutto in chiave comica».
Lei come vive le lotte per l’emancipazione della donna?
«Bene! La donna ha tante capacità. Certo ci sono delle problematiche, ma questo non riguarda solo le donne. L’altro anno ho fatto la commedia “Tutte a casa” dove dimostravamo come già dalla prima Guerra Mondiale – quando gli uomini erano in guerra – le donne si sono rimboccate le maniche. Bisogna esortare le donne più forti ad aiutare quelle più deboli. Nell’animo della donna c’è una varietà di possibilità che spesso aiuta».
Sua madre, Nora Ricci, le ha lasciato qualche insegnamento che porta con sé?
«Sono stata molto influenzata da mia madre. Era una donna particolare, non tanto come madre, quanto come donna: era moderna per i suoi tempi, per le scelte che ha fatto – si è separata due volte – ma prima di tutto era intelligente e ironica. Il suo esempio mi è sempre stato accanto e ce l’ho ancora, sento di essere una parte di lei».
E invece suo padre Vittorio Gassman?
«Da bambina mio padre l’ho vissuto poco – quando sono nata io aveva 23 anni ed era preso dalla sua carriera. Ci siamo ri-conosciuti quando ero grandicella senza perderci più. È stata una conquista sempre più forte. Lui ha scritto una bellissima poesia per me in cui dice: “I felici canonici rapporti”, è vero non avevamo niente di canonico, avevamo molto di più: se le persone che hai accanto sono intelligenti tutto si supera».
Suo marito Ugo Pagliai ha raccontato di averla vista al Teatro Tenda mentre faceva la maschera alla prima dell’Adelchi. Da lì è nato tutto. Lei che ricordo ha?
«Ai tempi dell’Accademia ero sposata con il primo marito (Luciano Virgilio, ndr) con cui ho avuto una figlia. Avevo un’amica che mi parlava molto di Ugo. Ma la conoscenza vera e propria è stata forse prima dello spettacolo “Un debito pagato” dello stabile dell’Aquila in cui poi ci siamo messi insieme: ci siamo incontrati in Piazza Navona; Ugo veniva da una partita di calcio, io con una sfrontatezza che non mi riconosco, ho rubato un pezzetto del famoso gelato al tartufo di Piazza Navona che lui stava mangiando. Quel gesto è stato premonitore. Pian piano siamo andati avanti ed è arrivato nostro figlio».
E avete condiviso la passione per il teatro...
«La sua passione l’ha portato da Pistoia a Roma – in famiglia non aveva nessuno che potesse indirizzarlo in questo mestiere – mentre io non volevo essere una figlia d’arte come mia madre: ho fatto gli studi regolari fino alla licenza liceale e poi ho espresso il desiderio di fare l’Accademia. Mia mamma non se l’aspettava, però, siccome era intelligente, mi ha lasciata libera di scegliere».
Era destino…
«Ho fatto tante cose belle, ma anche sacrifici, perché ho voluto la famiglia. Non è possibile fare tutto al cento per cento». —
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