Paolo Hendel: «Ora vi spiego perché è così bello essere vecchi»

Nell’epoca in cui molte persone cercano in tutti i modi di nascondere i segni dell’invecchiamento, Paolo Hendel va controtendenza e porta in scena “La giovinezza è sopravvalutata”. Una due giorni, per il comico fiorentino, stasera e domani, alle 20.30, al Nuovo Teatro Comunale di Gradisca d’Isonzo. Lo spettacolo, inserito nel circuito dell’Ente Regionale Teatrale, dopo Gradisca sarà in scena a Maniago (21 e 22 giugno), a Lestizza (23 e 24 giugno), a Polcenigo (25 giugno) e ad Artegna (26 e 27 giugno).
«Non vedo l’ora di essere davanti al pubblico - afferma Hendel -, dopo tutto questo tempo passato in casa a non far niente o quasi, desidero davvero esprimere il mio affetto per il pubblico distanziato e con mascherine, che verrà a vedermi».
“La giovinezza è sopravvalutata” è il titolo di un libro, edito da Rizzoli nel 2018. Da cosa è stato ispirato?
«Il libro - risponde Hendel - lo ho scritto con il mio amico Marco Vicari e con la supervisione della geriatra Maria Chiara Cavallini. Ho iniziato a riflettere sugli anni che passano, e la vecchiaia, nel giorno in cui ho accompagnato mia madre novantenne a fare una visita dalla nuova geriatra. La mamma, in sala d’aspetto, ha chiesto di essere accompagnata in bagno dalla badante, lasciandomi da solo. Proprio in quell’istante la geriatra è uscita per chiamare il prossimo paziente, e vedendomi lì, mi ha invitato a entrare. Stavo per protestare, affermando che era un errore, che mia mamma stava per tornare, ma ho capito che forse anche per me il tempo era passato».
A teatro come racconta questa storia?
«Si parte dal libro, anche se poi ci siamo divertiti a incamminarci su vari sentieri, come l’attualità o l politica o i social. Siamo partiti da Giacomo Leopardi e Le Ricordanze, in cui scrive: “Ti perdo senza un diletto, inutilmente, in questo soggiorno disumano, intra gil affanni, o dell’arida vita unico fiore.” Questo fiore è la giovinezza, naturalmente, ma io mi chiedo: sarà vero? Non è che esagerava? Siamo sicuri che sia così detestabile la vecchiaia? Sono contento di essere stato giovane, mi è piaciuto, lo rifarei volentieri, ma tutto sommato mi sono trovato bene anche dopo».
È Gioele Dix a firmare la regia dello spettacolo. Come è lavorare con un amico?
«L’intesa con Gioele Dix parte da lontano e in questo caso ho pensato subito a lui. Gli spettacoli comici hanno bisogno di una forte sintonia tra l’attore e il regista, altrimenti rischiano di non funzionare».
Come è cambiata la comicità in Italia in questi ultimi anni?
«Ho iniziato a salire sul palco, nonostante le mie timidezze, per un bisogno fisiologico: ridere delle cose della vita che non mi piacciono o che mi fanno arrabbiare. D asecoli si ride per esorcizzare una realtà negativa. Questo meccanismo lo ritrovo sempre efficace, come l’idea di instillare un dubbio, passaggio necessario per vedere le cose in modo più chiaro. Ora, dopo un distanziamento fisico importante, ci ritroviamo a dover tenere conto della necessità di ridere insieme che molte persone manifestano».
Come spesso accade, la comicità lascia spazio alle riflessioni. C’è qualcosa che non ci aspettiamo in questo spettacolo?
«Mi occupo anche della manutenzione. Ho verificato che molti maschi sono meno attenti, meno coscienti delle donne. Secondo una ricerca il 50% degli uomini europei pensano che la prostata sia un organo femminile. Nel monologo colgo l’occasione per rivolgermi ai maschi presenti perché pensino alla salute ma anche alle opportunità donate dalla vecchiaia come il tempo da dedicare agli affetti, e la lettura».—
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