Paolo Maurensig con l’inedito di James racconta l’amore come una matrioska

Esce “Pimpernel” (Einaudi) dello scrittore goriziano in un gioco di rimandi temporali e di atmosfere decadenti
Lo scrittore goriziano Paolo Maurensig
Lo scrittore goriziano Paolo Maurensig

TRIESTE È difficile immaginare Henry James, di mole imponente, fascinoso, spesso chiacchierato riguardo la sua identità sessuale (Faulkner lo definiva: «La più gentile anziana signora che abbia mai conosciuto»). Colm Tóibín anni fa fece un romanzo sulla vita di James, rivelando anche alcune attrazioni omosessuali dello scrittore, tutte sublimate a un livello platonico a quanto pare. Lo stesso Tóibín scrive che furono le donne a segnare la sua personalità, a determinarne le scelte, forse perché rappresentavano la possibilità di quella vita famigliare che non ha mai avuto. Principalmente due: Minny Temple (che riconosciamo nella protagonista di “Ritratto di signora”) e Constance Fenimore Woolson, quest’ultima fu una lunga amicizia finita male, la scrittrice americana infatti si tolse la vita a Venezia quando perse le speranze di un’eventuale unione ben più che amicale con lo scrittore.

Due nomi – Temple e Woolson – che troviamo nell’ultimo romanzo di Paolo Maurensig, “Pimpernel. Una storia d’amore” (Einaudi, pagg. 189, euro 16), di cui l’autore/curatore nella nota finale specifica che: «Il sottotitolo è stato voluto dall’editore». Ed effettivamente “Pimpernel” è ben più che una storia romantica. Questa volta Maurensig alimenta la fiction inventandosi un apocrifo di James, un racconto custodito in una vecchia scatola di biscotti, dato in lettura a Constance Woolson a pochi giorni dal suo tragico gesto.

Ma la trama inizia prima. Siamo nel 2010, un letterato ha l’ambizione del cinema, vorrebbe portare sul grande schermo l’ennesimo remake del “Carteggio Aspern”, celebre racconto di James, finché un agente cinematografico, Elie Bogdanovich, gli consiglia invece di cercare un inedito dello scrittore americano. Perciò lo indirizza alla figlia, fresca di laurea proprio sugli inediti di Henry James. Se lo scrittore riuscisse a portare alla luce un inedito, nonostante la lunga e complessa ricostruzione del frammento, potrebbe forse coronare pure i suoi sogni da cineasta. Eccolo quindi l’inedito spurio: “Pimpernel”, titolo che indica un fiore selvatico. Inizia così il romanzo, una storia nella storia, dal terzo millennio passiamo all’800 dove un ambizioso scrittore americano, Paul Temple (Paul come Paolo e Temple come la celebre cugina amata da James), soggiorna a Venezia per trovare ispirazione per il suo prossimo libro. Incontrerà qui Miss Bruins, una ventenne destinata a un matrimonio d’interesse, a cui si sottrarrà con un’azione estrema.

Tra la ragazza e Paul Temple non tarda l’amore, anche se alla fine Miss Bruins pare la più votata a un sentimento autentico. Anche perché, da bravo artista egoista, Temple è sedotto in modo assoluto solo dalla ricerca della bellezza, nonché tema del suo prossimo libro.

Maurensig gestisce perfettamente una lingua che in parte possiamo riportare a James e a Forster, atmosfere e personaggi da perfetto romanzo ottocentesco, diluito in riflessioni psicologiche intorno all’arte e al suo senso. Ma appunto, oltre alla fluidità raffinata dello stile, l’originalità sta in una struttura pensata a matrioska e che inizia già dalla cover, dal nome in copertina: Paolo Maurensig, a cui seguono alter ego il cui codice comune è sempre la scrittura: da Maurensig a Temple a James, ci troviamo di fronte a ciò che è un ideale, rispetto alla più incalzante realtà. Ogni idea sulla bellezza viene indagata dalle diverse prospettive dei personaggi, arte come rivelazione, come possibilità di modificare e modificarsi, come consolazione, ma anche distanza che ci costringe a vivere fuori dai canoni artistici – di bellezza e libertà – sancendo la nostra ipocrisia.

Si evocano infatti continui profili libertari, nelle donne soprattutto, nell’agognata autonomia. Bruins e Woolson sono partecipi dello stesso destino e, per quanto Paul Temple non sia Henry James, Maurensig non fa mistero delle somiglianze, delle continue proiezioni tra soggetti reali e immaginari, delle continue pressioni che la realtà ha sulla fiction (e viceversa), come due antagonisti in cui nessuno trionfa, come quegli oggetti reali che sprofondati nella laguna – da una scena del romanzo – continuano a tornare a galla. —
 

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