Peperoni in pose osé gli amanti piccanti si incontrano in cucina

Il percorso
Il rapporto tra arte, cibo e sesso è di gran moda e Alinari - la più antica azienda al mondo operante nel campo della fotografia, dell’immagine e della comunicazione, che dispone di un patrimonio di 5.000.000 fotografie di proprietà - rilancia il tema attraverso la sua Fondazione, ricreando ancora una volta una notevole fascinazione al Bastione Fiorito del Castello di San Giusto, negli spazi innovativi del Aim, l’Alinari Image Museum, con la mostra “Amanti piccanti”.
I soggetti - non sobbalzate! - sono i peperoni, ma Daniele Duca, il fotografo-artista-giornalista che firma le 42 immagini in mostra, li ha straordinariamente umanizzati, donando loro attraverso l’uso sapiente e spesso marcato del contrappunto luministico, una valenza di vita in più. Tali ortaggi, dal sapore di per sé piccante, diventano perciò piccanti in senso lato e lo dimostrano le forme morbide e avvolgenti, che suggeriscono spesso il concetto di sensualità ed erotismo. E anche quando ciò non accade, lasciano intravvedere una sorta di liaison, di anelito alla comunicazione, che si sprigiona dalla composizione delle forme, ma anche da quel quid ineffabile che promana dallo scatto fotografico, prevedibile e imprevisto.
Sono immagini stampate in digitale su carta di pura cellulosa acid free, certificata per la conservazione museale. «E - precisa Duca, anconetano, classe 1967, attivo in campo fotografico e pubblicitario da più di trent’anni - i peperoni sono come tutti gli oggetti di uso comune che siamo abituati a non guardare: oggetti stranissimi, che hanno delle forme molto plastiche alla luce e che, quando vengono illuminati, assumono una forza quasi scultorea, quindi sono certamente curiosi. Inoltre la luce che uso è sempre uguale per tutti gli scatti, cambio solo il fondale e i soggetti. Qui ci sono diversi tipi di peperoni e per la prima volta ho creato per Alinari delle immagini a colori (accanto a quelle in b/n prevalenti in mostra, ndr). Virano però sul verde acido e presentano quindi una sorta di monocromia, giocano perciò solo con le forme, gli agganci visuali e i movimenti».
Duca, pluripremiato e accademico dei Georgofili per aver illustrato un volume edito da Segni e Suoni sulla razza bovina chianina, dedica la rassegna alla memoria del padre da poco scomparso. Ed è autore per Alinari delle monografie Estensione, Moto Contrario, Proximity, Pasta-the photographic elegance of De Cecco’s pasta shapes e Mi ricordo che, nelle quali spesso il dettaglio esprime concetti più ampi, come accade in particolare per la pasta, in cui riesce magistralmente a evincere dai diversi formati di questa il concetto anche ritmico e musicale di decoro.
La mostra, divertente, allusiva, ironica e raffinata, curata da Enzo Carli, è accompagnata da un ricco catalogo (Edizione Alinari, euro 45,00), che attraverso gli interventi del presidente della Fratelli Alinari Claudio de Polo, dell’autore e del curatore della pubblicazione Marcello Verdenelli, offre vari spunti di interpretazione delle opere. Il più immediato è quello che si rifà al pittore milanese Arcimboldo, inventore manierista del trionfo di frutta e ortaggi in versione antropomorfa, dal quale però certamente si discosta la poetica di Duca, figlio del nostro tempo, in gran parte votato al minimalismo, che dice «amo la sintesi e tolgo sempre, non aggiungo. Per me è importante esprimere tanto con poco».
Inevitabili anche i riferimenti al grande Edward Weston, che negli anni ’30 affrontò i peperoni e al tedesco Albert Renger-Patzsch, che un decennio prima interpretò la natura attraverso l’acuta precisione della Nuova Oggettività. Un realismo, rispetto al quale però l’autore si dichiara giustamente del tutto indipendente, affermando di aver cercato «di dare un’anima a dei soggetti inanimati».
Nell’ampia sezione multimediale del Museo, in concessione dal Comune di Trieste per 9 anni, prosegue fino al 23 settembre anche la mostra “Dirigibili”. In attesa della prossima sorpresa targata Alinari. —
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