Pier Paolo Pasolini “maledetto e anomalo”, come Burroughs e Jean Genet

C'è anche Pier Paolo Pasolini nella serie di scrittori ai quali Maurizio De Benedictis sta dedicando una serie di monografie nella piccola ma vivacissima casa editrice romana Lithos. Accanto all'autore friulano, troviamo lo statunitense William S. Burroughs, il francese Jean Genet e il giapponese Yukio Mishima. Che cos'hanno in comune questi autori? Sono tutti e quattro "maledetti e anomali", come recita il titolo della serie di volumi (dei quali sono usciti per ora quelli dedicati a Pasolini e a Genet, mentre gli altri due sono in arrivo). De Benedictis - che è professore di Storia e critica del cinema all'Università La Sapienza di Roma, ma anche importante studioso di letteratura - ritrova nei quattro scrittori citati una costante che lega, sul piano tematico e qualche volta persino su quello biografico, "eros, delinquenza, scrittura". Nel volume Pier Paolo Pasolini (Lithos, pp. 292, euro 27) c'è un primo ampio capitolo dedicato al Pasolini friulano: in quel legame con la terra della madre vanno ricercate le origini dei miti e delle ossessioni che segneranno la sua vita e la sua poetica. Ma le pagine più interessanti e originali sono forse quelle dedicate da un lato al "Pasolini dopo Pasolini", cioè a quel film mai realizzato che è Porno-Teo-Kolossal, e dall'altro al contesto letterario e cinematografico in cui Pasolini si mosse. Porno-Teo-Kolossal doveva essere, dopo quel film brutale, disperato e disturbante che è “Salò o le 120 giornate di Sodoma”, il secondo tassello di una "Trilogia della morte" (che avrebbe seguito la "Trilogia della vita": Il Decameron, I racconti di Canterbury, Il fiore delle mille e una notte). Quanto all'altro punto, De Benedictis legge l'originalità pasoliniana sullo sfondo delle principali linee di tendenza nell'ambito del cinema e della letteratura di quegli anni. A proposito del cinema pasoliniano scrive lo studioso: «Se confrontiamo l'immagine di Pasolini con quella di Antonioni, riscontriamo nella seconda una calibratura impeccabile, come riflessa nell'acciaio, della visuale lavorata dalla macchina da presa. L'opposto della prima, di Pasolini, in cui si cerca di far "vibrare" la sensibilità corporea, manuale». È anche questo un segno di quella compromissione con il reale - compromissione estrema, senza remore piccolo-borghesi, alla fine tragica (si pensi al suo brutale assassinio) - che fa, anche di Pasolini, un grande "maledetto" e "anomalo", non a caso assurto a una solida fama internazionale esattamente come gli altri tre.
Roberto Carnero
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