Pif: «Un film sul maxiprocesso alla mafia»

L’ex Iena oggi a Pordenone e Udine con il suo “In guerra per amore”

PORDENONE. Pif, l’ex Iena Pierfrancesco Diliberto, e ora in tv con i suoi viaggi solitari per il mondo in "Il testimone", sarà ospite questa sera a Cinemazero di Pordenone (alle 20.45) e al Visionario di Udine (dopo la proiezione delle 21) per presentare il suo nuovo film "In guerra per amore". La storia è quella di un emigrato siciliano a New York, Arturo Giammarresi, che nel 1943 deve tornare in patria per chiedere la mano della sua fidanzata al padre di lei. Soldi però non ne ha e l'unico modo per farlo è arruolarsi volontario e partecipare con gli Alleati allo sbarco in Sicilia. Come accadeva anche nel suo primo film "La mafia uccide solo d'estate", Pif interpreta un uomo qualunque che incrocia quasi per caso la grande Storia. E ne diventa il narratore. Nello specifico, Pif racconta come gli americani si siano appoggiati in modo sistematico alla mafia per avere la strada spianata allo sbarco in Sicilia. Per esempio chiedendo al boss Lucky Luciano di intercedere coi capimafia amici in patria. In cambio, dopo la guerra gli Alleati hanno piazzato mafiosi nelle principali posizioni politiche dell'isola, inquinando indelebilmente il tessuto istituzionale della Sicilia. Una lettura storica esagerata? Per niente, come testimonia il documento citato nel film, il rapporto del capitano americano W.E. Scotten che analizzava con lucidità proprio le devastanti conseguenze dell'appoggio Alleato alla mafia. Scotten, però, fu ucciso. E agli americani è convenuto far finta di non sapere, anche perché la mafia era un'ottima sentinella contro il comunismo.

«Il problema è che gli americani in Sicilia fanno la stessa cosa che poi faranno in Afghanistan negli anni '80: si appoggiano al nemico del loro nemico, cercano il male per fare del bene, ma poi la situazione sfugge loro di mano. In Afghanistan è successo coi talebani che poi hanno appoggiato Bin Laden», spiega il regista.

A Pordenone Pif era già stato nel 2010 a “Le voci dell'inchiesta” e da allora, dice, «è cambiato tutto: sono riuscito a fare quello che volevo, il regista, passando da "Il testimone", una tappa fondamentale: ho sviluppato una personalità che era nata dalle Iene ma, lavorando da solo, è sbucata più velocemente. Professionalmente sono più maturo e consapevole, e più popolare. Adesso rischio il famoso passaggio "da brillante promessa a solito stronzo", come diceva Arbasino: ma in Italia è un sintomo di successo». E in futuro? «Mi piacerebbe fare un film sul maxi processo alla mafia perché è una delle poche volte in cui lo Stato l'ha battuta davvero. Ma passerà un po' di tempo: adesso devo uscire dal tunnel del film di mafia e maturare ancora come regista».

Elisa Grando

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