Pola, nei segreti del Vis la nave comando del maresciallo Tito FT/VD

Visita al relitto dell’unità della Marina jugoslava diventato un museo sommerso per turisti subacquei
Il relitto del Vis, la motonave che fu di Tito
Il relitto del Vis, la motonave che fu di Tito

POLA Il castello di prua compare quasi all’improvviso, con la gomena ingarbugliata sull’argano come lasciata lì da una precipitosa fuga dei marinai. Poco più in là l’albero di trinchetto abbattuto è un groviglio di metallo adagiato sulla battagliola. Tutti i boccaporti e i portelloni sono spalancati sul buio interno della nave.

Il ponte di passeggiata invita a planare lungo la murata per poi salire più su, verso il ponte di comando, e ancora più in alto, sopra il fumaiolo, tanto per avere un’idea di cosa vedevano i gabbiani volteggiando intorno alla nave quando non era sul fondo del mare, dove è adesso, ma navigava in superficie spinta dai suoi motori diesel da mille cavalli.

Istria, la visita al relitto della nave di Tito (Vis)

Tra i venticinque e i trenta metri di profondità, dove mi trovo, non ci sono più i colori, e il relitto, con tutto ciò che lo circonda appare calato in un’atmosfera spettrale dalle tonalità verde bottiglia. Scavalco il fumaiolo, dò un’occhiata al ponte di comando, verso poppa, là dove i piani della nave segnavano una vasca jacuzzi, a buon ristoro degli ospiti di riguardo, che è stata tolta prima dell’affondamento.

Con stretta virata torno indietro, scendo a lenta planata, imbocco il ponte di passeggiata e pinneggio lentamente flottando a lato del grande salone del quadrato ufficiali. Entro nel locale appena illuminato da una luce diafana filtrata dagli oblò. Non c’è più niente, sembra un appartamento svuotato da un trasloco eseguito in fretta e furia. Nel silenzio rotto solo dal soffio dell’autorespiratore provo a immaginare gli ufficiali, tutti sull’attenti quando entrava il maresciallo Tito, le poche volte che dev’essere stato qui dentro.

Tito passa in rassegna un equipaggio del Vis
Tito passa in rassegna un equipaggio del Vis

Esco e mi dirigo verso poppa, per dare un’occhiata a uno dei pezzi forti del relitto, la grande ruota del timone, che fa tanto vecchia marina e dove i sub scattano foto ricordo a manetta. Sembra il timone di un yacht da regata e, penso mentre impugno la ruota e gioco al nostromo, che dev’essere questo uno degli elementi che spesso portano a definire la nave “l’ex yacht di Tito”.

Vis, la nave ammiraglia di Tito finisce negli abissi a Promontore
La motonave Vis ormeggiata in attesa dell’affondamento (foto da glasistre.hr)

Invece la motonave Vis (Lissa), o meglio il suo relitto, dove mi trovo in allegra immersione per un tempo che sta già diventando troppo, era la nave comando della Marina militare della Repubblica federale di Jugoslavia, unità armata solo con due mitragliatrici da venti millimetri, che imbarcava ammiragli e capi di stato maggiore di quella che, fondata nel settembre del 1942 a Podgora dai partigiani, diventerà, dal 1945 fino alla sua dissoluzione nel 1991, la flotta della Repubblica Federativa Popolare di Jugoslavia.

Flotta composta anche da unità ottenute dall'Italia con le clausole del trattato di pace, tra cui l'incrociatore ausiliario Ramb III, ribattezzato Galeb, trasformato in nave scuola e - questo sì - in yacht presidenziale ad uso esclusivo di Tito, e che oggi fa la ruggine nel porto di Fiume. La Marina Jugoslava, votata esclusivamente al pattugliamento e alla difesa delle acque territoriali, contava su fregate lanciamissili, sommergibili, motobarche siluranti, corvette, pattugliatori, operava in Adriatico e aveva il suo quartier generale a Spalato.

Dopo la dissoluzione della Jugoslavia la flotta venne divisa tra la Croazia, che ne ha ereditato una minima parte, e la nuova Federazione jugoslava di Serbia e Montenegro. Il Vis, nave ausiliaria della flotta, è un pezzo di questa storia. Costruita nei cantieri di Scoglio Olivi nel 1956, lunga 58 metri, larga 8,7, dotata di due saloni e trentadue cabine con 52 posti letto, era una specie di lussuosa base galleggiante.

Una volta in disarmo, nel 2002 è stata acquistata da un imprenditore polesano, Arsen Brajkovic, che su quella nave aveva svolto il servizio di leva. In un primo tempo Brajkovic voleva fare del Vis un panfilo di lusso. Considerata la difficoltà dell’operazione, l’imprenditore ha pensato a una soluzione diversa: trasformare il Vis in un relitto a uso e consumo del turismo subacqueo - settore piuttosto florido in Croazia, con sessantamila presenze all’anno e duecentomila pernottamenti - come avviene in altre parti del mondo, da Cuba a Malta all’Australia.

L'affondamento del "Vis" visto dalle telecamere a bordo

E così, dopo un lungo e non facile iter burocratico, e dopo un accorto lavoro di preparazione e bonifica, nel maggio scorso il Vis è stato affondato con una spettacolare operazione nel corso della quale audaci artificieri hanno fatto brillare alcune cariche di esplosivo sistemate in punti strategici dello scafo: uno botto dopo l’altro in pochi minuti l’ex nave comando della Marina jugoslava è colata a picco, toccando il fondo prima con la poppa - che si è deformata in maniera molto evidente nell’impatto con il fondale - per poi adagiarsi sulla sabbia, a trentadue metri di profondità, in perfetto assetto di navigazione.

«L’ex yacht di Tito costa troppo: va affondato»
Il Galeb in disarmo nel porto di Fiume

Il relitto si trova circa duecento metri al largo della Baia di Polje, nell’area del bellissimo Parco di Kamenjak, sulla costa occidentale di Premantura, ovvero Capo Promontore, la punta estrema meridionale dell’Istria, in una zona ridossata che permette immersioni anche con condizioni meteo non ottimali. E in meno di due mesi il Vis è già stato visitato da quasi un migliaio di turisti subacquei, per la felicità dei cinque centri di immersione che servono la zona di Premantura. Siccome Arsen Brajkovic, che resta il proprietario del relitto, intasca una tassa fissa pari a venti euro per ogni subacqueo, si capisce che il business c’è, ed è reddittizio.

«A essere sinceri - dice Danijel Frka, uno dei massimi esperti croati di storia navale, oltre che subacqueo di lungo corso e autore di diversi libri e studi sui relitti della Croazia - Tito c’è stato davvero poche volte sul Vis, che era una nave comando, riservata agli ammiragli; ma il relitto resta comunque una testimonianza importante della storia navale di quella che fu la Jugoslavia».

Frka, che ha fatto parte del team di esperti chiamati a redigere il progetto per il parco navale nato con l’affondamento del Vis, facendo pressioni sul governo di Zagabria perché desse il via libera, non ha dubbi sull’utilità dell’iniziativa: «Rappresenta una svolta importante nella gestione e nel rilancio di un settore fondamentale per la Croazia come quello del turismo subacqueo, e il relitto a suo modo è un museo, la testimonianza tangibile di un pezzo della nostra storia».

Non ha il minimo dubbio sulla portata di questo naufragio pilotato anche Nenad Cakic, 43 anni, responsabile del Diving Center Scubalibre, uno dei centri di immersione che hanno messo il relitto del Vis nel listino delle loro offerte migliori: «Non solo è una testimonianza storica - dice -, ma come tutti i relitti sarà presto colonizzato da nuova vita sottomarina: perciò fa bene al turismo, fa bene alla natura e inoltre la scelta del punto dove affondare la nave, in una zona sottovento, alla giusta profondità e non lontano dalla riva, ne fa un relitto adatto anche per la sicurezza dei subacquei».

E così l’ex nave comando di uno Stato che non c’è più è diventata una specie di museo e parco giochi sommerso, per il quale sono previste diverse iniziative, come un suggestivo impianto di illuminazione per le immersioni notturne.

Nessuno vuole lo yacht del Maresciallo
Il Galeb versa ormai in condizioni estremamente precarie

Pinneggio a una profondità media di venticinque metri intorno alla nave, passando da un ponte all’altro, e osservo i compagni di immersione sparire nel ventre del Vis, giù fino alla sala macchine, fra i corridoi delle cabine, fotografando e filmando tutto quello che capita a tiro. Un relitto così “pulito” è una ghiottoneria: fra le altre cose non c’è ancora il sedimento che, sollevato dal passaggio dei sub, può trasformare l’immersione in una nuotata nel caffellatte, mentre le varie strutture interne ed esterne non sono ancora collassate (a parte l’albero di trinchetto, abbattuto apposta per non creare intralcio alla navigazione).

Ma, penso risalendo in superficie, mentre la sagoma del relitto sparisce nel blu sotto di me, con il passare del tempo anche il Vis cambierà aspetto. Il mare se lo prenderà poco alla volta, ostriche e bivalvi di ogni specie colonizzeranno lo scafo dentro e fuori, gronghi, astici e corvine troveranno casa nei labirinti del suo ventre e la ruggine, lenta e inesorabile, si mangerà il metallo. Ma, come avviene per ogni relitto, il Vis continuerà ancora per molti anni a conservare intatta la memoria di quella grande storia di cui è stato protagonista.

(Si ringraziano per la collaborazione Stefano Caressa, Gregor Basiaco e Manuel Ianesi)

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