Quando Canova scolpì quel galantuomo di George Washington

Alla Gypsotheca di Possagno un’esposizione ripercorre la vicenda della statua poi andata perduta

il percorso



Quando si pensa all’opera di Antonio Canova vengono in mente i suoi capolavori dai soggetti mitologici: Amore e Psiche, le Tre Grazie, Ercole e Lica o il ritratto di Paolina Borghese quale Venere vincitrice, quello di Napoleone Bonaparte come Marte pacificatore.

Pochi sanno che nel 1816 allo scultore di origine veneta giunse una commissione dall’oltreoceano per la realizzazione di una statua a figura intera di George Washington destinata alla sala del Senato del Parlamento di Raleigh nel North Carolina. Inaugurata nel 1821, soltanto un decennio più tardi venne distrutta da un incendio devastante divampato nel Palazzo.

Dopo il successo della scorsa estate alla Frick Collection di New York, la mostra “Canova George Washington” organizzata per celebrare i 200 anni dalla realizzazione del modello, è ora visitabile alla Gypsotheca e Museo Antonio Canova di Possagno, a Treviso. L’esposizione ripercorre l’intera vicenda del capolavoro perduto: dalla decisione della realizzazione da parte del Senato e della Camera dei Comuni dello Stato americano, alla scelta dell’artista che spettò a Thomas Jefferson, terzo presidente americano, che ritenne Antonio Canova l’unico scultore in grado di rappresentare pienamente il valore e la gloria del primo presidente americano. Canova in quel tempo aveva già realizzato tutte le sue sculture più celebri, era da poco tornato dalla Francia e si trovava a lavorare nel suo studio romano. Accettò l’incarico perché “Washington era un galantuomo”, ripensando in particolare alla sua rinuncia al potere in nome della libertà.

Guardando ai busti realizzati in precedenza dal francese Jean-Antoine Hudon e dall’italiano Giuseppe Ceracchi per le fattezze del volto, raffigurò il presidente come un condottiero romano vestito con la corazza, il mantello e calzari; seduto, dopo aver deposto il bastone del comando e la daga, appare intento a scrivere sulla tavola trattenuta con la mano sinistra, il suo discorso di congedo alla Nazione. Rispondendo alla poetica neoclassica di cui era il massimo rappresentante, Canova conferisce alla sua opera una dimensione ideale traendo ispirazione dall’antico, onorando quanto aveva osservato lo storico dell’arte Francesco Milizia, suo contemporaneo, quando affermava che la sua caratteristica principale era quella “di perpetuar la memoria degli uomini illustri e di darci modelli efficaci di virtù”.

Per la prima volta sono stati riuniti insieme il modello preparatorio in gesso a grandezza naturale, quattro modellini preparatori, i relativi disegni e le incisioni di traduzione. Due busti di Jefferson e Washington realizzati da Hudon, due ritratti dipinti da Gilbert Stuart e Rembrandt Peale dei due presidenti americani, le prime idee di sviluppo per un monumento presidenziale e tutta la letteratura conosciuta su questo capolavoro completano l’esposizione. Proprio grazie all’esistenza del modello in gesso fu possibile replicare l’opera del Canova andata distrutta: nel 1970 lo scultore Romano Vio scolpì la copia del monumento che oggi è esposta a Raleigh, all’interno del senato. A Possagno un ulteriore percorso espositivo è dedicato alla riscoperta di questo scultore nato a Venezia nel 1913 e scomparso nel 1984, docente dell’Accademia di Venezia. Sono inoltre esposte le immagini fotografiche di Fabio Zonta (Bassano del Grappa, 1958) che reinterpretano le opere della Gypsotheca.

La rassegna rimarrà aperta fino al 28 aprile; è corredata da un catalogo (Silvana Editoriale) con la trascrizione completa della corrispondenza relativa alla commissione, le immagini delle opere esposte e i saggi dei due curatori della mostra, Xavier F. Salomon, chief curator della Frick Collection, e Mario Guderzo, direttore della Gypsotheca e Museo Antonio Canova di Possagno, oltre che di Guido Beltramini, direttore del Palladio Museum di Vicenza, curatore della mostra su Thomas Jefferson e Palladio di qualche anno fa. —



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