Quando Pasolini trovava la bellezza del creato in mezzo alla spazzatura

di ROBERTO CARNERO Tra i tanti temi toccati da Pier Paolo Pasolini nella sua multiforme produzione c'è anche quello dei rifiuti, un motivo che ha una valenza realistica e concreta, ma anche...
Di Roberto Carnero

di ROBERTO CARNERO

Tra i tanti temi toccati da Pier Paolo Pasolini nella sua multiforme produzione c'è anche quello dei rifiuti, un motivo che ha una valenza realistica e concreta, ma anche metaforica e simbolica. Non a caso ampio spazio alla trattazione pasoliniana dell'argomento è riservato da Alessandro Zaccuri nel suo saggio “Non è tutto da buttare. Arte e racconto della spazzatura” (Editrice La Scuola, pagg. 176, euro 14,50), che verrà presentato domani sera a Casarsa della Delizia alle 18.30 presso il Centro Studi Pasolini, dall'autore e dalla direttrice Angela Felice, alla presenza del regista Mimmo Calopresti, che nel 2005 aveva firmato il film “Come si fa a non amare Pier Paolo Pasolini. Appunti per un romanzo sull'immondezza” (che verrà proiettato nel corso della serata). Nel 1970, infatti, Pasolini decide di filmare a Roma il primo sciopero degli spazzini, con riprese che, date a lungo per perdute, erano state fortunosamente ritrovate non molti anni fa, seppure senza audio, dallo stesso Calopresti, che ne aveva inserito una parte nel suo film.

D'altra parte la letteratura e il cinema, la televisione e le arti da sempre hanno testimoniato il rapporto complesso con la spazzatura, «il suo imporsi come principio di realtà - come scrive Zaccuri - rispetto a una realtà che non sappiamo mai decifrare fino in fondo». I rifiuti - spiega lo scrittore e giornalista, inviato del quotidiano "Avvenire" - sono «tutto ciò di cui pensiamo di non aver bisogno, l'eccedenza di cui cerchiamo di liberarci, ma di cui in verità non riusciamo mai a sbarazzarci del tutto».

Ma da dove nasce l'idea di impostare una ricerca su questo tema "scomodo"? «Normalmente come critici e come studiosi tendiamo a occuparci di ciò che ci piace, mentre finiamo per lasciare fuori dal nostro campo di indagine tutto quanto ci disturba, ci respinge o ci fa problema. Proprio perché il tema dei rifiuti non è un soggetto attraente ho deciso di trattarlo e di approfondirlo. È stata un po' una sfida con me stesso, anche perché, per i motivi cui accennavo, non è una materia su cui molti altri si siano prodotti in studi sistematici».

Di Pasolini si parla, nel libro di Zaccuri, a proposito dei romanzi “Ragazzi di vita” e “Petrolio”, ma anche in relazione all'episodio Che cosa sono le nuvole (nel film collettivo “Capriccio all'italiana”), in cui Totò e Ninetto Davoli (le marionette di Iago e Otello) gettati tra i rifiuti di una discarica scoprono la «straziante, meravigliosa bellezza del creato». Un capitolo del saggio è dedicato al confronto tra Calvino e Pasolini e ai diversi modi in cui si sono rapportati al motivo dell'immondizia negli anni del boom economico e della montante emergenza ambientale. Per concludere con Roberto Saviano e con la denuncia, presente in Gomorra, di come la criminalità organizzata abbia avvelenato la Campania con il business dello smalitimento illegale dei rifiuti.

Ma nel libro di Zaccuri c'è anche una valenza se non religiosa sicuramente spirituale. Ragionare sui rifiuti significa occuparsi di ciò che viene messo ai margini. Così il discorso sulla spazzatura diventa anche un discorso sull'amore. Scrive Zaccuri nell'ultima pagina del libro: «Che cosa significa essere pronti ad amare? Sono passati gli anni e ancora non l'ho capito. Intuisco però che perfino qui la spazzatura continua a far arrivare il suo segnale. Per durare nel tempo, per rimanere fedele, l'amore non può conservare tutto: a qualcosa bisogna che rinunci, da qualcosa occorre che si separi. Purtroppo nessuno è in grado di prevedere quale debba essere l'oggetto del sacrificio».

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