Quei ragazzi in fuga dal Kosovo sono “La masnada delle aquile”

Riccardo Roschetti racconta l’odissea dei minori albanesi non accompagnati che finiscono nei centri di accoglienza in Italia



«Sette marzo 1998. I serbi entrano nella casa del più alto comandante del movimento di liberazione del Kosovo, Adem Jashari. Il comandante Adem li stava aspettando. I serbi vogliono distruggere lui e l’Uck», racconta tutto d’un fiato il protagonista diciassettenne dell’ultimo romanzo di Riccardo Roschetti, "La masnada delle aquile. I giovani in fuga dal Kosovo" (Infinito Edizioni, pagg. 112, euro 13).

Mentre parla, alcuna ospiti del centro di accoglienza per “minori non accompagnati” di Trieste hanno le lacrime agli occhi. Sono tutti shqiptari, albanesi del Kosovo, approdati in Italia dopo un travagliato viaggio, partiti dalla loro terra d’origine con in tasca un forte orgoglio etnico legato a un'identità spezzata, che porta ancora i segni del conflitto tra la comunità kosovara albanese e i serbi (1998-1999).Molti vivono il periodo dell’accoglienza con fame di ribellione verso l’autorità, di avventure sessuali, di microcriminalità.

Tra incontri ravvicinati con la polizia, ricordi drammatici e voglia di riscatto, il giovane protagonista arriverà alla maggiore età e potrà finalmente andare incontro alla sua rinascita. «È tempo di ricostruire, di ricominciare . L’età del mio corpo dice diciotto, ma quella della mia coscienza comincia adesso. È quando capisci chi sei e cosa devi fare per stare al mondo, come cavartela in questa puttana che è la vita, magari essere anche felice alla fine di tutto, allora sì che puoi dirti veramente nato».

Roschetti, antropologo di formazione, è nato nel 1987 e si occupa da diversi anni di minori stranieri non accompagnati come educatore, insegnante e collaboratore dell'Università di Udine. È proprio grazie alla sua vicinanza a storie e vissuti che riesce a entrare nei personaggi reali e a dare loro voce, con un linguaggio gergale necessario, a tratti profondo e a tratti crudo, mai retorico.

Come suggerisce l’antropologa Roberta Altin nella prefazione, sono «minorenni che devono mantenere un profilo da “duri” pur nella precaria fragilità della loro fase di doppio transito, esistenziale e migratorio».

“La masnada delle aquile” è uno strumento di lettura di una realtà in crescita che si trova al centro di un dibattito acceso anche a Trieste, dove i giovani kosovari rappresentano la parte più consistente della migrazione minorile. Uno strumento che fornisce una chiave di lettura non solo storica ma anche umana, che ricorda come negli occhi di questi ragazzi ci sia ancora il riflesso di una guerra terminata con la loro nascita, ma i cui postumi sono evidenti ancora oggi.

In un paese ancora troppo precario, da cui un’intera generazione continua a scappare. —



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