Quella verità di comodo concordata con le Br sul delitto politico Moro

di Alessandro Mezzena Lona Un patto segreto tra la Dc e le Brigate Rosse. Con la benedizione dell’America. Per togliere di mezzo il politico che stava portando il Partito comunista di Enrico...
Di Alessandro Mezzena Lona

di Alessandro Mezzena Lona

Un patto segreto tra la Dc e le Brigate Rosse. Con la benedizione dell’America. Per togliere di mezzo il politico che stava portando il Partito comunista di Enrico Berlinguer dentro le inviolabili stanze dello Stato italiano. Quell’Aldo Moro che, dopo 55 giorni di prigionia, venne trovato morto nel baule di una macchina. Ucciso da uomini che hanno raccontato verità dimezzate, contraddittorie, instabili. Abbandonato dai suoi stessi compagni di partito, che subito dopo l’esecuzione si sono affrettati a costruire una versione credibile, ma molto lacunosa, del delitto politico.

Dalle incongruenze, dai dubbi, dalle verità dimezzate sono partiti due giornalisti, Stefania Limiti e Sandro Provvisionato, per scrivere il loro libro “Complici. Il patto segreto tra Dc e Br” (Charelettere, pagg. 298, euro 14,90). Verrà presentato domani alla Libreria e Antico Caffè San Marco di Trieste alle 18.30.

Quattro processi, memoriali e contromemoriali, rivelazioni, bugie, depistaggi, sono serviti solo a seminare una montagna di dubbi. Chi sparò davvero in via Fani? Perché il Vaticano non riascì a liberare Moro offrendo 10 miliardi di lire alle Br? Chi era il misterioso personaggio che interrogò lo statista della Dc durante la prigionia? Perché le Br non rivelarono l’esistenza di Gladio e dei suoi uomini eccellenti, dopo il serrato confronto con il presidente della Dc?

«Ci è sembrato serio partire dalle carte dei processi, dalle testimonianze - dice Stefania Limiti -. La verità è sempre negli elementi sparpagliati in una quantità mostruosa di atti processuali. Ovviamente, non abbiamo trascurato i contributi importanti, le inchieste e i libri di giornalisti e storici che in questi 37 anni hanno provato a scoprire come sono andate davvero le cose. Messo insieme tutto, abbiamo ricostruito un gigantesco mosaico arrivando alla conclusione che il caso Moro, così come ci è stato raccontato, è una grande bugia».

A partire dal racconto dell’agguato in via Fani?

«Nell’agguato di via Fani non torna nulla di tutto ciò che è stato raccontato. Le Brigate Rosse hanno sempre detto che il gruppo di fuoco del commando era composto da quattro uomini disposti sulla sinistra rispetto all’auto di Moro. Non è vero. Le perizie dicono, infatti, che sono stati sparati parecchi colpi anche da destra. Chi era il killer che ha messo nel mirino la scorta e il presidente della Dc da quella posizione? Ammettiamo che sul posto ci fossero altri componenti e che Moretti e i suoi compagni non volessero rivelarne i nomi. Ma perché intestardirsi a negare la presenza?».

Il commando delle Br aveva armi adeguate?

«Tutte le armi dei brigatisti si sono inceppate. Erano vecchie, reperti della Seconda guerra mondiale. Ma, soprattutto, loro non erano killer professionisti. Dirò di più: il quadro dell’agguato è ridicolo così come è stato raccontato».

Era tutto studiato da tempo?

«Assolutamente no. Basti pensare che il commando delle Br non ha mai fatto una vera prova dell’agguato. Soltanto piccoli esercizi nel loro covo di Velletri. Che, nel racconto di Prospero Gallinari, diventano grotteschi. Anche sulla gestione della detenzione del prigioniero era tutto molto confuso, lasciato all’improvvisazione».

Le verità raccontate sembrano frutto di un accordo tra le parti...

«Hanno rapito Moro perché era un obiettivo facile. E anche un saimbolo forte all’interno della Dc. Eppure, le Br raccontano che non erano in grado di gestire nessun aspetto del sequestro. Questo imporrebbe agli inquirenti di farsi domande importanti, che però non sono mai state formulate. Prendiamo il racconto della fuga da via Fani: non sta in piedi. Come il famoso memoriale scritto da Valerio Morucci. Però una cosa è chiara: quel testo ha codificato la verità ufficiale del sequestro. Una verità che assomiglia a una grande stanza di compensazione in cui brigatisti e una parte della Dc si sono messi d’accordo per chiudere il caso Moro e fornire una verità credibile».

La morte di Moro ha pesato e pesa ancora sull’Italia?

«Moro ha detto: “Il mio sangue ricadrà su di voi”. La Dc non si è più rialzata dopo la sua morte. E per l’Italia, quegli anni hanno rappresentato l’ultimo istante in cui un progetto politico veniva fatto in nome del Paese.

E se il prigioniero fosse ritornato in libertà?

«Se Moro fosse tornato libero, il nostro Paese avrebbe imboccato una strada diversa. Dopo la sua morte ci sono stati solo progetti politici frutto della volontà dei ceti politici di autoriprodursi. Di fare i propri interessi».

Dopo 37 anni, perché si ha paura ancora di raccontare la vera storia del delitto Moro?

«All’interno dello Stato hanno ancora grande forza certi uomini, o i loro eredi, che hanno avuto un ruolo attivo nella vicenda Moro. Giuseppe De Lutiis, storico dei servizi segreti, è convinto che ci sono almeno 200 persone che sanno tutto. E io mi chiedo: è giusto che a noi vengano nascosti questi segreti?».

Si parla di un uomo misterioso che avrebbe partecipato agli interrogatori di Moro...

«Ci sono colleghi che hanno individuato in Igor Markevi› l’uomo misterioso. Un direttore d’orchestra coltissimo, amico di tanti intellettuali del ’900. Però, quando abbiamo scritto il libro, non c’erano elementi nuovi. Avremmo elencato solo ciò che già è noto. Il procuratore capo di Trieste, Carlo Mastelloni, ha fatto indagini approfondite in passato, ma si sa ancora molto poco».

Il ruolo dei servizi segreti?

«Ci sono state forti interferenze in quei 55 giorni. Nella realizzazione, nella gestione del sequestro. Servono nuove investigazioni, forse usciranno dalla Commissione d’inchiesta. C’è, per esempio, una figura molto ambigua: quella di Giovanni Senzani. Ideologo delle Br, collaboratore dei servizi segreti. Una testimonianza del generale Nicolò Bozzo, braccio destro di Carlo Alberto Dalla Chiesa, dice che Senzani era in contatto con il generale Francesco Delfino, conosciuto con il nome di Palinuro e invischiato in molte trame oscure dell’Italia».

Strano che le Br non abbiano capito quanto esplosivi erano gli interrogatori di Moro.

«Dopo aver detto che gli interrogatori contenevano grandi elementi di interesse, è iniziata una rapida marcia indietro delle Br. Poi le carte sono diventate oggetto di un’infinita trattativa con la Dc e con lo Stato. Basti pensare al covo di via Monte Nevoso, dove sono stati trovati i documenti degli interrogatori in due rate. Una prima volta nel 1978 e poi nel 1990. In quelle carte c’erano storie dirompenti, le rivelazioni su Gladio. Ma le Br hanno nascosto tutto dietro la loro ingenuità rivoluzionaria».

All’interno di quelle carte c’erano i nomi dei gladiatori?

«Si può ipotizzare che ci fossero. E se le Br avessero parlato di Gladio negli anni Settanta, in piena Guerra fredda, l’effetto sarebbe stato dirompente. Giulio Andreotti ha rivelato l’esistenza di Stay Behind appena nel 1990. Quando il Muro di Berlino era già caduto e lo stesso senatore aveva messo in discussione alcuni elementi dell’Alleanza Atlantica».

America, Israele: i grandi burattinai?

«Il ruolo dei servizi segreti stranieri è stato centrale. Steve Pieczenik, il consulente americano al Viminale durante quei terribili giorni, prima di ritornarsene a casa si assicurò che il sequestro sarebbe finito con la morte del prigioniero. Perché? Semplice: Moro era completamente estraneo ai programmi della Nato per l’Italia. Non era affidabile. Nel gennaio del 1978 l’amministrazione Usa aveva fatto sapere di voler fare di tutto per impedire che i Partiti comunisti occidentali avessero un ruolo dentro i governi. Non potevano tollerare una svolta democratica così rischiosa, anche se voluta dalla gente. E questo ha determinato l’esito del processo Moro».

Le Br hanno barato?

«Quello che sapevano i capi non è detto che fosse comunicato anche agli altri militanti. Certo è che i vertici delle Br non possono continuare a recitare la parte dei rivoluzionari puri, ingenui. Non sono credibili».

alemezlo

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