Quelle allegre donnine che abitavano a Trieste ai tempi di James Joyce

Da domenica fino al 2 luglio si terrà la ventesima edizione della rassegna che raccoglie studiosi da tutto il mondo
Di Elisabetta D’erme
Silvano Trieste 17/06/2014 John Mc Court
Silvano Trieste 17/06/2014 John Mc Court

di ELISABETTA d’ERME

Incredibile ma vero.... sono passati venti anni dalla prima edizione della Trieste Joyce School e da quel lontano giugno 1996 la Scuola Joyce ha assicurato appuntamenti di qualità eccelsa. La formula ideata dal triumvirato che guida questo evento è geniale: offrire il meglio in un'atmosfera di calda convivialità.

Quest'anno i partecipanti alla Trieste Joyce School (da domenica 26 giugno al 2 luglio) sono davvero tanti (oltre un centinaio) e ad accoglierli ci sarà una festa degna d'un anniversario così importante, infatti nella giornata d’apertura, a partire dalle 18, il Ridotto del Teatro Verdi ospiterà la cerimonia inaugurale alla presenza degli organizzatori, dei vertici dell'Ateneo Triestino, dell’ambasciatore d'Irlanda, Bobby McDonagh e del sovrintendente del teatro, Stefano Pace. Seguirà la conversazione/concerto lirico: "Voglio e non vorrei" curata da John McCourt, che prevede l'esecuzione di arie e canzoni care a Joyce o presenti nei suoi scritti.

Con lunedì 27 la Scuola torna alla sua sede storica all'Auditorium del Revoltella, che ospiterà per un'intera settimana le conferenze della mattina e gli incontri serali (come sempre aperti al pubblico) mentre sono riservati agli iscritti alla Scuola i seminari pomeridiani sui più importati testi di Joyce, che si tengono al Dipartimento di Studi Umanistici dell'Università di Trieste.

«L'idea della scuola era nata nel 1995, con il primo Festival Joyce - ricorda il professor Renzo S. Crivelli - che si svolse al Teatro Miela da un'idea di Cesare Piccotti, e che vide una memorabile lettura non-stop dell'Ulisse (80 partecipanti, durata 36 ore). Fu la prima in Italia e fu un successo. Da lì, attraverso la creazione del Laboratorio Joyce e l'incontro con John McCourt dell'Università di Roma 3, ci venne l'idea di creare una struttura in grado di gareggiare con la notissima Joyce Summer School di Dublino. Con McCourt (e il suo entusiasmo) fu facile fare una scommessa allora sicuramente azzardata. In questi vent'anni, grazie anche a Laura Pelaschiar, subentrata a me nella co-direzione insieme a McCourt, la Scuola ha accolto quasi 2000 studenti da ogni parte del mondo, dando a molti di loro ambite scholarship. Abbiamo così ospitato a Trieste l'intero gotha degli studi joyciani, ma anche la crème della letteratura irlandese contemporanea, basti citare autori notissimi come Colm Toibin, John Banville, Michael Longley, Anne Enright, Edna O'Brien, Catherine Dunne, Colin Bateman, Dermot Bolger».

Quest'anno, ospite d'onore è il romanziere Hugo Hamilton, noto ai lettori italiani per i suoi intriganti romanzi come "Il cane che abbaiava alle onde" o "Il marinaio nell'armadio" editi da Fazi.

Hamilton è considerato uno dei maggiori scrittori irlandesi viventi e darà una prova della bellezza della sua prosa in un incontro col pubblico giovedì 30 giugno alle 20 all'auditorium del Revoltella. Un altro incontro da non perdere sarà quello con uno strano terzetto di intellettuali che hanno perso la testa attorno al libro più enigmatico di Joyce: e saranno proprio Enrico Terrinoni e Fabio Pedone che stanno completando la traduzione di "Finnegans Wake" per Mondadori a dialogare con il giornalista-filosofo Edoardo Camurri martedì 28 alle 20.30 al Revoltella durante un incontro intitolato: "Ostrigotta, ora capesco".

Al dilemma della traduzione è dedicata una tavola rotonda sempre lo stesso giorno alle 9.30 che vedrà la partecipazione di Fritz Senn, Jolanta Wawrzycka, Chiara Sciarrino, ed Enrico Terrinoni.

Laura Pelaschiar (Università Trieste), direttrice della Scuola e che giovedì 30 giugno alle 11.30 terrà una conferenza su Joyce e Shakespeare, ritiene che: «La Trieste Joyce School si è consolidata e caratterizzata in maniera originale rispetto ad altri convegni o scuole, ed oggi è uno dei 3 o 4 eventi di alto livello portanti degli studi su Joyce. È non solo radicalmente internazionale e multiculturale, ma anche "multi-età" (si va dai 18 agli 80 anni) e marcatamente trans-professionale. Da noi vengono sì accademici che studiano e insegnano di mestiere, ma anche, e soprattutto, appassionati di ogni tipo: medici, avvocati, insegnanti di scuola, impiegati, businessmen, giornalisti, musicisti e altro ancora. Forse una delle cose più belle, è vedere che ora, tra gli esperti e i colleghi stranieri e italiani che invitiamo a parlare alla scuola, ci sono alcuni tra quelli che giunsero a Trieste per la prima volta anni fa come giovani laureandi o in attesa di completare il dottorato. È anche per questo che la Scuola Joyce non sembra dare segni di invecchiamento».

Cosa riserva dunque questa ventesima edizione? Accanto a nuovi arrivi come Malcom Sen (Usa), Katherine O'Callaghan (Canada), Matthew Campbell (Uk), Ronan McDonald (Australia), e Johnathan Goldman (Usa) ci saranno grandi ritorni come il giornalista Terence Killeen, che terrà su "Finnegans Wake" una conferenza mercoledì 29 alle 9.30 e un ciclo di seminari pomeridiani, o come John Coyle (Regno Unito) che riesce sempre a sorprendere per la sua ironia e che parlerà di Joyce "pubblicitario". Gradito ritorno anche quello di Caroline Elbay (Irlanda) che curerà i seminari su "Gente di Dublino" e che sabato mattina 2 luglio parlerà delle "madri e delle puttane dublinesi", tema decisamente pertinente visto che la sera di venerdì 1 luglio alle 21.30 Erik Schneider farà da cicerone nella Nighttown triestina dove ai tempi di Joyce le strade del Ghetto pullulavano di bordelli e prostitute. Impossibile pensare alla Scuola Joyce senza il contributo di Ron Ewart che quest'anno guiderà gli studenti nel mondo affascinante della poesia irlandese, e di Paul Devine che curerà un seminario a lungo richiesto su "Un ritratto dell'artista da giovane".

L'anima della Scuola resta però John McCourt, che cura il programma e crea gli eventi che consolidano lo spirito di gruppo così tipico di questa "TJS". Quest'anno oltre alla conferenza/ concerto sul mondo musicale di Joyce, sua sarà anche una conferenza, lunedì 27 alle 11.30 sulla ricezione dell'opera di Joyce in Irlanda negli anni Venti e Trenta, e il walking tour di martedì 28 alle 17.

John McCourt ama ricordare soprattutto gli studenti, che da tutto il mondo fanno annualmente domanda per partecipare alla Joyce School «e che, una volta tornati alle loro case, entusiasti dei nostri corsi ma, forse ancora di più, di quello straordinario "campus vivente" che è Trieste, diventano quasi inevitabilmente ambasciatori della città nei loro paesi, sui social etc. Il mio lavoro mi porta a viaggiare molto - aggiunge John McCourt - e dovunque incontro scrittori, artisti, studiosi di Joyce: tutti parlano di Trieste e della Scuola con ammirazione. È anche sempre più accettata la centralità che Trieste ebbe per Joyce nell'ideazione dell'Ulisse e di figure come Leopold e Molly Bloom».

Perché qui James Joyce scoprì un mondo cosmopolita, ricchissimo di suggestioni culturali, musicali e letterarie, qui nacquero i suoi figli, qui adottò un dialetto, quello triestino, che sarebbe divenuto il linguaggio privato della sua famiglia per il resto dei loro giorni.

«Certo la scuola è diventata quel che è grazie alla presenza di studiosi e ricercatori, ma - sottolinea Pelaschiar - fondamentale è Trieste: per la sua particolare bellezza così anomala, la sua identità così stramba, l'atmosfera così particolare. Per il suo essere diversamente italiana, diversamente bella, diversamente mista. Tutto questo ha fatto sì che la Trieste Joyce School sia oggi il successo accademico e scientifico, culturale e turistico che innegabilmente è».

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