Rada Rassimov, una triestina per il western di Sergio Leone

L’attrice, figlia dell’ex presidente della comunità serba, esordì con “Senilità” di Bolognini poi fu scelta per “Il buono, il brutto, il cattivo”, nella Trilogia del dollaro che compie 50 anni
Di Beatrice Fiorentino

TRIESTE. È triestina e si chiama Rada Rassimov, la bellezza statuaria dagli occhi color del mare che mezzo secolo fa incantò Sergio Leone. Il regista le offrì una parte ne “Il buono, il brutto, il cattivo” (1966), ultimo capitolo della cosiddetta Trilogia del dollaro, che festeggia i cinquant’anni (il primo film, “Per un pugno di dollari”, da poco restaurato dalla Cineteca di Bologna, è infatti del 1964). Il Museo del Cinema di Torino festeggia la Trilogia con una mostra, che aprirà il 22 ottobre e propone memorabilia, immagini e i capolavori appena restaurati del maestro (fino al 6 gennaio 2015).

Figlia di genitori slavi, il padre arrivò in città già nel 1926, come insegnante della scuola serba. In anni successivi sposò a Lubiana una ragazza montenegrina conosciuta a Belgrado, e insieme vissero a Trieste fino agli ultimi giorni. Da questa salda unione nacquero due figli: Rada, del 1938, e Ivan, arrivato un anno dopo, entrambi destinati a far parte del mondo del cinema.

Del periodo trascorso a Trieste, l'attrice, oggi produttrice, ricorda un'esistenza normale, trascorsa assieme alla famiglia cui era profondamente legata. «Abitavamo in una piccola casetta in piazza Sant'Antonio, proprio accanto alla chiesa di San Spiridione. Frequentavamo molto la comunità, di cui mio padre è stato per tre volte presidente», racconta facendo trapelare la nostalgia per una città mai dimenticata, ma soprattutto ricordando i suoi cari -. «Me ne sono andata a ventun anni - prosegue nel racconto - nel frattempo avevo sposato un attore, Gianny Musy, con cui ho avuto una figlia (Mascia Musy, anche lei attrice e doppiatrice, ndr) ma dal quale ho divorziato due anni dopo. Avevo cominciato a recitare anch'io. Ho studiato recitazione per due anni e ho esordito in teatro. Ma quando Bolognini girò "Senilità" a Trieste sono riuscita a ottenere una piccola parte. È in quel momento che è nata la mia passione per il cinema».

Una passione che negli anni successivi la porta a lavorare con molti registi che hanno dato lustro alla stagione più ricca del nostro cinema, sia di genere che d'autore. Oltre a Sergio Leone, Lucio Fulci, Mario Bava e Dario Argento, anche autori come Marco Ferreri, il padre del Cinéma Nôvo brasialiano Glauber Rocha o l'ungherese Miklós Jancsó, per il quale girò "Rapsodia Ungherese" e "Allegro barbaro", due capitoli della trilogia incompleta "Vitam et sanguinem", che avrebbe dovuto raccontare la storia dell'Ungheria dal 1911 al 1945. «Dopo quella prima esperienza con Bolognini, ho lavorato prevalentemente in teatro, a Roma. Ho recitato per Albertazzi, per Patroni Grifi, per Bosetti. Al cinema sono arrivata dopo l'esperienza con Leone». Fu infatti quella partecipazione a "Il buono, il brutto, il cattivo", dove interpretava il ruolo di una prostituta che veniva schiaffeggiata dal "villain" Lee Van Cleef a offrirle visibilità. Si dice che Van Cleef, che vestiva i panni del cattivo nella maggior parte dei suoi film, fosse in realtà una persona molto mite e che questa cosa di dover picchiare una donna non gli riuscisse neanche per finta.

«Gli schiaffi però sono quel che ricordo di più, anche perché si trattava solo di una piccola parte che tuttavia mi ha dato molta popolarità. Quando mi ha vista, Leone mi ha scritturata subito, non sapevo neppure per quale ruolo. Solo quando ho letto il copione ho realizzato che si trattava del ruolo di una prostituta. Mi sono anche interrogata sul perché mi avesse scelto, ma fui rassicurata, Leone disse che mi aveva presa perché avevo un volto drammatico, non perché sembravo una prostituta».

In quegli anni, anche il fratello Ivan Rassimov, la raggiunse a Roma e qui, dopo che Mario Bava lo scelse nel 1965 per "Terrore nello spazio" ebbe una lunga carriera cinematografica, soprattutto legata ai generi western e poliziottesco.

Per un certo periodo Rada Rassimov fu legata anche alla cerchia di artisti innovatori e sperimentatori tra cui Franco Brocani, per il quale ha lavorato in "Necropolis". A questo circuito di cinema poco convenzionale l'attrice si sente particolarmente legata. «Un film a cui ho tengo molto - sottolinea - è "Il leone a sette teste", con cui Rocha partecipò al Festival di Venezia nel 1970 e in cui ho recitato al fianco di Giulio Brogi e Jeanne Pierre Leaud. Era qualcosa di molto particolare, e di questi film più sperimentali ne ho fatti diversi. Avevo lavorato anche con Michel Piccoli e con Luis Garcia Berlanga. C'era un film che aveva scatenato le ire delle femministe perché il protagonista di cui io interpretavo la moglie, preferiva una bambola di plastica. Si intitolava "Grandeur nature"».

In stagioni successive Rada Rassimov ha lavorato anche in televisione e negli anni '80 ha persino partecipato al videoclip di Franco Battiato "Radio Varsavia". Oggi, 76 anni, vive a Roma con sette gatti e il suo secondo marito, Andrea Andermann, al quale è legata da 47 anni e con il quale ha fondato la Rada Film, che realizza film-opera trasmessi in diretta, in mondovisione di cui negli anni sono stato esempio "Tosca nei luoghi e nelle ore di Tosca", "La Traviata à Paris" o "Cenerentola".

A Trieste, Rada Rassimonv non torna quasi più. «Purtroppo non è rimasto nessuno della mia famiglia, se ne sono andati tutti. E quando ci vado è più che altro per andarli a trovare al cimitero ortodosso. Ma vorrei mandare un saluto a una città meravigliosa».

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